La prudenza invita a vigilare
14/08
Preghiera
O Padre sapientissimo ed ottimo, se in me v’è il desiderio di qualche cosa di superfluo, purificami tu stesso e rendimi degno di vederti. (Soliloquia I, 1.6)
Lettura
La prudenza invita a vigilare
Neppure intorno alla prudenza, alla quale appartiene il discernimento delle cose da desiderare e di quelle da evitare, è il caso di dissertare più a lungo. Se essa manca, nessuna delle cose dette si può realizzare. Spetta ad essa stare in guardia e vigilare diligentemente affinché non siamo ingannati dall’insinuarsi di soppiatto di un cattivo consiglio. Per questo il Signore grida spesso: Vegliate e dice: Camminate mentre avete la luce, perché non vi sorprendano le tenebre (Gv 12, 35) e ancora: Non sapete che un po’ di lievito fermenta tutta la massa? (1Cor 5, 6). Quanto poi all’Antico Testamento, che cosa si può trovare di più chiaro contro questo sonno dell’uomo, a causa del quale quasi non avvertiamo il male distruttore che si insinua di soppiatto in noi, che il detto del Profeta:Chi disprezza le piccole cose cadrà presto in rovina? (Sir 19, 1). Su questa sentenza, se fosse utile a coloro che hanno fretta, parlerei abbondantemente e, se lo richiedesse l’ufficio che ho ora assunto, forse dimostrerei quanto sono profondi questi misteri, deridendo i quali, certi uomini veramente ignoranti e sacrileghi non si può dire che ormai cadono a poco a poco in un’immensa rovina, ma che vi si precipitano. (De moribus Ecclesiae Cath. I, 24.45)
Per la riflessione
Desiderare il bene sommo è vivere bene, il vivere bene non è niente altro che amare Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la mente. Da qui scaturisce che questo amore in lui si conservi intatto ed integro, ciò che è proprio della temperanza, e che non si abbatta per nessuna avversità, ciò che è proprio della fortezza; che non serva a nessun altro, ciò che è proprio della giustizia; che vigili nel discernimento delle cose affinché né la fallacia né l’inganno si insinui di soppiatto, ciò che è proprio della prudenza. (De moribus Ecclesiae Cath. I, 25.46)