Torniamo seri
Torniamo un attimo seri, e precisamente all'argomento mezzi corazzati in ambiente urbano.
Mi permetto di inserire, come contraltare italiano all'esperienza USA gentilmente tradotta e postata da Pierantonio, l'esperienza dei carristi italiani in Somalia in occasione della "battaglia di Balad": il testo (che riporto integralmente) venne postato sul "vecchio" forum da Ascaro 231, al quale rivolgo un fraterno saluto, sperando venga ancora a leggerci ogni tanto e ancor più che ci porti nuovamente suoi contributi.
E' poi doveroso un pensiero commosso ai ragazzi che hanno partecipato a quei tragici fatti, e soprattutto a chi ha perso la vita in quel lontano paese africano.
Buona lettura.
La Battaglia di Balad
"Tra i tanti episodi drammatici che ricordo di quel periodo, posso dare la mia testimonianza diretta su uno in particolare, che "noi" del raggruppamento Alpha denominammo la "Battaglia di Balad"; ci furono alcuni feriti anche in modo grave ma soprattutto non potrò mai dimenticare il volto del Tenente Giulio Ruzzi che veniva trasportato con estrema rapidità verso il campo base. Corsa inutile...spirò appena vi giunse, aveva perso troppo sangue.
Era il 6 Febbraio del 1994, giornata particolarmente tranquilla in cui il mio plotone (il 3° della Seconda Compagnia Carri M60 ), era a riposo con la disponibilità di 2 M60A1 in prontezza operativa. Al mattino comandai i “miei” carristi alla manutenzione ordinaria dei mezzi e alla pulizia delle armi, dopo il pranzo stranamente c’erano poche cose da fare e decisi di lasciare il plotone in libertà, ossia ci si poteva sdraiare fuori dalla tenda per prendere il sole con tanto di creme abbronzanti!… Un’atmosfera da ferragosto che poche altre volte ci si era concessi.
Passano poche decine di minuti e cominciamo a sentire agitazione attorno a noi; elicotteri che decollano, i parà della Folgore in servizio di nuclei anti-sommossa che partono velocemente preceduti dagli incursori del Col Moschin . Una situazione abbastanza frequente che ci aveva coinvolto parecchie volte in precedenza, ma quel giorno per noi era di “festa”, e non ci facemmo caso più di tanto.
Dopo mezz’ora circa arriva il Comandante della nostra compagnia il Cap. Fabio Sandonnini che mi mette in pre allarme: “c’è un po di casino a Balad, stanno sparando, ma penso che si concluda presto, comunque tu preparati con due equipaggi….”. Io penso che sia uno dei tanti falsi allarme, e con calma vado a “recuperare” i due equipaggi…
Mi dispiace persino disturbare questi ragazzi che per giorni sotto il sole che picchia o durante la fredda notte africana hanno fatto servizi su servizi, check point , scorte e pattugliamenti senza sosta e che ora si godono una giornata di riposo, ma purtroppo se si vuol essere efficienti in ogni momento ci si deve preparare anche quando pensi che sia solo un falso allarme.
Ma non fu così; cominciarono presto a girare voci sempre più preoccupanti su quello che stava accadendo a Balad. A quel punto il mio compito di formare i due equipaggi in poco tempo fu facilitato; tutto il plotone era a disposizione, non mi restava che sceglierne i componenti. Ricevuto l’ordine, partimmo con due M60, sul primo c’ero io, (capo carro e capo pattuglia) con il mio solito equipaggio di cui ricordo solo il nome del pilota, il Carrista Fioravanzo, sul secondo il capocarro era il vice comandante del mio plotone il S.Ten. Gentile Loris, un servente ed un cannoniere, i cui nomi mi sfuggono, e come pilota quasi prepotentemente si era “intrufolato” un “veterano “ della nostra compagnia e della Somalia ( per due volte in missione in 12 mesi): il Sergente Maggiore Massimo Crispo.
Non appena fummo in contatto radio con “Venere” (la centrale operativa) e con il resto delle unità che stavano “fuori” capimmo che la situazione era precipitata. Uscimmo dal campo a tutto quello che andavano i nostri vecchi ma MASSICCI M60 e mentre imboccavamo la Via Imperiale in direzione Balad sentimmo via radio le urla ed i pianti di chi chiedeva aiuto ed in quel momento il nostro desiderio era quello di arrivare sul posto in una frazione di secondo ma mancavano 5 Km circa ed i nostri mezzi potevano viaggiare al massimo a 40 Km/h…..
Le invocazioni d’aiuto si sprecavano durante tutto il tragitto. Eravamo ormai in prossimità del check point “Torre” situato all’inizio del piccolo ponte sullo Uebi Scebeli a poche centinaia di metri dall’ingresso della cittadina di Balad, e presieduto quel giorno dai carri M60 della nostra compagnia (1° plotone), quando dobbiamo fermarci e spostarci per lasciar passare un Vm dei “Tuscania” con a bordo un ferito grave: scoprimmo poi che era il Tenente Ruzzi.
Riprendemmo subito la nostra corsa fino a “Torre” e li trovammo un caos totale: il passaggio era ostruito da un Acm crivellato di colpi dal quale scese il conduttore col volto insanguinato e barcollando si accasciò a terra; dietro si era formata una coda di mezzi vari tra Acm qualche vcc dei “Tuscania” e addirittura gli M60 che dal check point erano in primis intervenuti ma dovevano riprendere le posizioni ed erano rimasti senza munizionamento per l’MG e la 12,7 Springfield.
Mi venne raccontato che una colonna di mezzi ruotati, se non ricordo male di Bersaglieri, che proveniva da nord per dirigersi a Mogadiscio per fare ritorno in patria, era stata colta in un’imboscata nel centro di Balad e circa metà di essa era rimasta bloccata dalle improvvise barricate erette fulmineamente da decine e decine di somali accanitisi subito contro i militari italiani a colpi di Ak47. I nostri, colti di sorpresa riuscirono a rispondere abbastanza rapidamente ma altrettanto rapidamente finirono tutti i colpi a loro disposizione, la gran parte di essi si rifugiarono all’interno di una ex stazione di polizia in attesa di aiuto. Arrivarono per primi i carri M60 dal check point Torre per un primo disimpegno seguiti dai ”Tuscania” e poi dai “Col Moschin” e dai parà della “Folgore” in tenuta anti sommossa.
Quando entrammo noi i feriti erano già stati evacuati dal centro, non si sentivano spari tutto era calmo, non si vedeva nessuno. Appena oltrepassammo le barricate passammo letteralmente sopra alcune vetture che intralciavano il nostro cammino e la sparatoria riprese. Facemmo da scudo con i nostri carri ai “Col Moschin” e alle ultime truppe rimaste in trappola per scortarle fino a ” Torre”; utilizzammo tutti gli armamenti a nostra disposizione sul carro eccetto il cannone da 105; io “mitragliavo” con la mia Springfield 12,7 il mio cannoniere con l’MG coassiale il servente col FAL, sul carro del S.Ten. Gentile sparavano tutti compreso il S.M. Crispo con la sua Beretta, mentre pilotava il carro che macinava ogni cosa trovasse sul suo cammino!
Riuscimmo a scortare tutti fuori da Balad ed arrivati a Torre trovammo il Gen. Loi che ci elogiò tutti quanti per il lavoro svolto. Appena reintegrate le munizioni utilizzate (l’80% circa), venni informato sulla quantità e gravità dei feriti e purtroppo anche della morte del Ten. Giulio Ruzzi, e contemporaneamente mi venne ordinato di rientrare a Balad con gli M60 per controllare la situazione ed eventualmente localizzare i somali armati. Io chiesi al Generale di poter usare il 105 anche se sapevo che non si poteva, mi venne risposto che l’eventuale uso era solo se si veniva attaccati da armi controcarro al di fuori comunque dei centri abitati.
Il Ten. Ruzzi e i ragazzi feriti non li conoscevo, però avevo saputo che con la loro colonna di mezzi se ne stavano tornando “a casa” dopo mesi di fatiche e rischi corsi per il bene del popolo somalo; lo stesso popolo che li ha ingiustamente aggrediti!
Partimmo nuovamente in direzione di Balad. Il mio pensiero era di vendetta ma dovevo controllarmi, avrei potuto reagire veramente in maniera “pesante”…Mentre ripassavamo sul luogo della tragedia sentimmo di nuovo le raffiche di AK47 colpire le nostre corazze. Individuammo decine di somali che da dentro le case e dai terrazzi ci miravano e facevano fuoco a ripetizione per poi nascondersi. Non mi ricordo quante maglie di 12,7 scaricai su quelle case che si aprivano come cerniere e nemmeno tenni conto sul momento di quanti colpi di MG e di FAL avevano sparato il mio cannoniere ed il mio servente e tantomeno non sapevo quanto aveva sparato il carro del S.Ten. Gentile, oltretutto la mia radio si era rotta e poteva solo ricevere, comunicavo ed impartivo, per quello che potevo, gli ordini a gesti.
Mi ricordo Gentile che mi urlava di stare attento perché mi sporgevo troppo fuori dal carro per sbloccare la Springfield che si inceppava mentre ci piovevano addosso colpi da tutte le parti; io non potevo fare altrettanto con lui per via della radio…
Quando tutti i colpi in nostra dotazione ( parecchi ) finirono, non si udiva più “mezzo sparo” da parte dei somali; “…forse avranno preso paura e se ne sono scappati via” pensai… Purtroppo (per loro) non fu così.
Ascaro 231, nominativo in maglia radio del S. Ten. Eneo Giatti, comandante del 3° Plotone della 2^Compagnia Carri del 187°Rgt.Paracadutisti, Raggruppamento Alpha, Balad Somalia, Nov.1993-Mar.1994."