Esodo 20:4
Mi sembra un tema fondamentale quello che viene affrontato in queso
topic,
un tema sul quale ci sarebbe da riflettere per una vita.
Non voglio contestare le interpretazioni che la CC o quella che le varie sette,nel corso dei secoli hanno dato all'argomento.
Vorrei solo esporre come vengono intesi certi argomenti in ambito
ebraico.
Perdonatemi se a volte (come ora) inserisco articoli del mio archivio,
ma sapete bene come il tempo voli via.
"Il Signore pronunciò tutte queste parole, dicendo"
Quando Mosè informò che D-o intendeva dare nel Sinai al popolo ebraico la Torà, il loro entusiasmo fu illimitato. La loro risposta immediata fu: "Tutto quello che il Signore ha detto, faremo ed ascolteremo". Fu così completa la loro fede in Do e nella bontà delle Sue leggi che essi proclamarono la loro disponibilità ad osservare le norme, prima ancora di aver sentito quale sarebbe stato il loro contenuto.
I figli di Israele avevano però una urgente necessità: "desideriamo vedere il nostro Re". Nonostante che il popolo seguisse Mosè, desiderava una esperienza diretta della rivelazione, attraverso una comunicazione non mediata con D-o stesso. D-o accettò. Anche se i re usano parlare al popolo attraverso loro intermediari, come i ministri, nel Sinai D-o parlò direttamente ad ogni uomo, donna e bambino.
Il Midrash (Shemot Rabba 29:9) enfatizza che in questa occasione quando il Signore parlò tutta la terra era in silenzio e nessun suono distorceva il suono delle Sue parole. Quando il Signore presentò la Torà nel Sinai non c'era un uccello che cinguettasse, nessun bue muggiva, nessun angelo saliva, nessun serafino proclamava la Santità del Creatore. Il mare non si mosse e nessuna creatura produsse suoni; tutto il vasto universo era silenzioso e muto e ciò fu quando la Voce del Signore proclamò: "Io (solo) sono il tuo D-o". Gli ebrei erano stati appena liberati dalla cultura idolatra dell'Egitto dove le forze della natura venivano adorate come deità, in grado di controllare i destini dell'umanità. Nel Sinai D-o fece tacere tutte le forze naturali, in modo da dimostrare che Egli solo è in grado di controllare tutti gli aspetti della creazione.
Rashì nota che il Nome Divino usato in questo passaggio della Torà - Elohim - rappresenta D-o nel suo ruolo di Daian, Giudice, che distribuisce giustizia secondo quanto uno merita nel bene e nel male. L'uso di questo nome nel contesto dei Dieci Comandamenti enfatizza senza compromessi la maniera in cui D-o insiste sull'osservanza di questi precetti: essi non possono essere osservati discrezionalmente, ma devono essere rispettati scrupolosamente.
In questo i Dieci Comandamenti si differenziano da alcune mitzvoth la cui osservanza può dipendere dalle circostanze o dalle necessità personali.
L'intera frase D-o pronunciò tutte queste parole sembrerebbe superflua, in quanto sarebbe stato sufficiente per il versetto dire vaidabber Elohim lemor, e D-o parlò dicendo, indicando poi i Dieci Comandamenti.
Rashì (Mekhiltà) commenta che la presentazione del Decalogo inizia con un miracolo che è incomprensibile in termini umani: D-o pronunciò tutti i Dieci Comandamenti, Tutte queste cose, in una singola espressione.
Il Gur Arieh spiega che lo scopo di questa singola espressione era di dimostrare ad Israele che l'intera Torà è una singola unità inseparabile. Il Decalogo e la Torà non sono una collezione di comandamenti separati, ma sono un tutt'uno, per cui nessuno può dire di poter abrogare o ignorare anche una singola parola o un comandamento senza modificare l'intera Torà.
Secondo il Midrash (Shemot Rabba 28:4), il Creatore disse tutti i Comandamenti in una unica espressione per dimostrare che solo Lui è in grado di fare un numero di cose apparentemente contraddittorie tutte nello stesso tempo. D-o Onnipotente contemporaneamente porta un uomo alla morte, altri alla vita; colpisce uno e cura un altro; chiunque è in pericolo prega a Lui - la donna durante il travaglio, il marinaio nella tempesta, il prigioniero nella cella - uno ad est, un altro ad ovest, uno a nord e un altro a sud, tutti si rivolgono a Lui ed Egli ascolta ciascuno ed ogni personale richiesta.
Il Midrash sottolinea che la parola (Kol), Tutto, ha pesanti implicazioni. Tutto ciò che D-o voleva comunicare ad ogni uomo fu pronunciato nel Sinai; ogni profezia che i profeti avrebbero espresso più tardi fu rivelata nel Sinai; ogni racconto, ogni legge e ogni interpretazione che avrebbe dovuta essere promulgata e rivelata fu pronunciata originariamente sul Sinai.
Il Talmud (Makkot 24a) nota che nel verso (Torà zivvà lànu Moshè), Mosè ci comandò la Torà, il valore numerico della parola Torà è 611; il verso potrebbe quindi essere così interpretato: Mosè ci ha comandato 611 mitzvoth. Aggiungendo i primi due comandamenti del decalogo, che Israele ha ascoltato direttamente dalla voce di D-o, il totale è 613: il numero delle mitzvoth.
La semplice lettura del verso indica chiaramente che D-o disse tutte queste cose simultaneamente al popolo ebraico.
Vayedaber elohim et kol-hadevarim ha'eleh lemor
E pronuncio' il Signore tutte parole queste dicendo
(Il secondo verso, ecc.) Anochi adonay eloheycha asher hotseticha me' erets mitsrayim mibeyt avadim
1)Io (sono) il signore D-o tuo che ti feci uscire dalla terra di Egitto dalla casa degli schiavi
Lo yihyeh lecha elohim acherim al-panay
Non avrai per te altri dei davanti al mio cospetto
Lo ta'aseh-lecha fesel vechol-temunah asher bashamayim mima'al va'asher ba'arets mitachat va'asher bamayim mitachat la'arets
2)Non farai per te scultura o tutta immagine di cio' che (esiste) nei cieli di sopra e che in terra al di sotto e che nelle acque al di sotto della terra
Lo-tishtachaveh lahem velo ta'ovdem ki anochi adonay eloheycha el kana poked avon avot al-banim al-shileshim ve' al-ribe' im leson'ay
Non ti prostrare a loro e non adorarli poiche' io il Signore tuo D-o (sono) D-o geloso che punisce il peccato dei padri sui figli fino alla terza e fino alla quarta (generazione) per coloro che mi odiano
Ve' oseh chesed la'alafim le' ohavay uleshomrey mitsvotay
E che uso bonta' alla millesima (generazione) per coloro che mi amano e che osservano i miei precetti
Lo tisa et-shem-adonay eloheycha lashav ki lo yenakeh adonay et asher-yisa et-shmo lashav
3)Non pronunciare il nome del Signore tuo D-o invano poiche' non lascera' impunito il Signore a chi pronuncia il suo nome invano
Zachor et-yom hashabat lekadsho
4)Ricorda del giorno di sabato per santificarlo
Sheshet yamim ta'avod ve' asita chol-melachtecha
Sei giorni lavorativi e farai tutta la tua opera
Veyom hashvi'i shabat l'adonay eloheycha lo ta'aseh chol-melachah atah uvincha-uvitecha avdecha va'amatcha uvehemtecha vegercha asher bish'areycha
E il giorno settimo (sara') riposo, per il signore tuo D-o non farai nessun lavoro (ne') tu e tuo figlio e tua figlia e il tuo schiavo e la tua schiava e il tuo bestiame e un forestiero che (sia) dentro le tue porte (della citta')
Ki sheshet-yamim asah adonay et-hashamayim ve' et-ha'arets et-hayam ve' et-kol-asher-bam vayanach bayom hashvi'i al-ken berach adonay et-yom hashabat vayekadeshehu
Poiche' in sei giorni fece il signore i cieli e la terra il mare e tutto quanto in esso (contengono) e riposo' nel settimo giorno per questo benedisse il Signore il giorno del sabato e lo santifico'
Kaved et-avicha ve' et-imecha lema'an ya'arichun yameycha al ha'adamah asher-adonay eloheycha noten lach
5)Onora tuo padre e tua madre affinche' si prolunghino i giorni sulla terra che il Signore tuo D-o ti da
Lo tirtsach
6)Non uccidere
Lo tin'af
7)Non commettere adulterio
Lo tignov
8)Non rubare
Lo-ta'aneh vere' acha ed shaker
9)Non darai contro il tuo prossimo testimonianza falsa
Lo tachmod beyt re' echa lo tachmod eshet re' echa ve' avdo va'amato veshoro vachamoro vechol asher lere' echa
10)Non desiserare la casa del tuo prossimo non desiderare la moglie del tuo prossimo ne il suo servo ne la sua serva ne il suo bue ne il suo asino e tutto quello che e' del tuo vicino
Sulla prima tavola sono iscritti questi comandamenti:
I Io sono il Signore Tuo Dio che ti fece uscire dalla terra d’Egitto, dalla casa degli schiavi
II Non avrai altri dei al Mio cospetto. Non ti farai alcuna scultura…. Poiché il Signore Tuo Dio…..
III Non pronunziare il nome del Signore Tuo Dio invano
IV Ricordati del giorno di Sabato per santificarlo. Sei giorni… ma il settimo giorno… dedicato al Signore Tuo Dio. Poiché in sei giorni il Signore creò….
V Onora tuo padre e tua madre, affinchè si prolunghino i tuoi giorni sulla terra che il Signore Tuo Dio ti dà
Sulla seconda tavola sono iscritti questi altri comandamenti
VI Non uccidere
VII Non commettere adulterio
VIII Non rubare
IX Non fare falsa testimonianza contro il tuo prossimo
X Non desiderare la casa del tuo prossimo, non….moglie…né alcuna cosa del tuo prossimo
La divisione dei comandamenti in due gruppi di cinque ha un motivo preciso.
I primi cinque infatti riguardano i rapporti fra l’uomo e Dio, mentre gli altri cinque regolano i rapporti che intercorrono fra l’uomo ed il prossimo. (Rabbi Y. Zegdun, Guida allo studio della Torah)
La divisione dei comandamenti in due gruppi di cinque ha un motivo preciso.
I primi cinque infatti riguardano i rapporti fra l’uomo e Dio, mentre gli altri cinque regolano i rapporti che intercorrono fra l’uomo ed il prossimo.
Nasce spontanea la domanda: per quale motivo il comandamento riguardante il rispetto dei genitori è posto nella prima tavola che comprende i precetti fra uomo e Dio?
Dicono i Maestri: la Torah ha messo allo stesso livello l’onore di Dio e l’onore per i genitori: quindi rispettare i genitori è come rispettare Dio.
Secondo altri il comandamento è posto come ultimo nella prima tavola, perché esso costituisce il passaggio fra la prima tavola e la seconda.
Sono infatti proprio i genitori quelli che, educando il figlio, gli devono trasmettere l’idea di Dio.
In realtà le due tavole sono strettamente collegate. Se esaminiamo i comandamenti ricercando il nesso fra un comandamento e quello che nell’altra tavola occupa la posizione corrispondente, noteremo:
I-VI (citato sopra)
II-VII il nesso è evidente, chi fa idolatria è come se commettesse adulterio, in quanto tradisce il suo Dio.
III-VIII Chi ruba è portato quasi inevitabilmente a giurare il falso.
IV-IX Il riposo sabbatico è qui motivato con l’obbligo di ricordare la creazione dell’universo compiuta da Dio nei sei giorni. Profanare il sabato significa pertanto rinnegare la creazione divina, è come affermare che essa non è mai avvenuta, dunque attestare il falso.
V-X Chi desidera la casa del suo prossimo finisce per avere figli ribelli che non lo rispettano. E’ innegabile l’influenza che ha il comportamento dei genitori sulle scelte dei figli; pertanto quel genitore che aspira soltanto o quasi, a procurarsi beni materiali e trascura ogni interesse per i valori morali e spirituali, non potrà che educare figli gretti e privi di sentimento che non avvertiranno alcun obbligo morale, come quello del rispetto, nei suoi stessi confronti.
Infine vorrrei aggiungere che per ciò che riguarda la storia dei cherubini o del serpente, per il popolo ebraico non è mai stato motivo di furore iconoclastico né mai ha dedotto che è lecito l’opposto.
L’unico punto dove si trovavano era a guardia dell’arca a simboleggiare i bambini d’Israele.
Il divieto non consiste nel non fare immagini, ma nell’uso che se ne fa.
(altrimenti non potrei più dipingere
)
Il serpente era solo un oggetto e se qualcuno lo ha idolatrato ha commesso un grave peccato.
A.