Fassino onora vittime gulag: connivenze colpevoli di Togliatti

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luc@s87
00sabato 30 giugno 2007 14:56
LEVASHOVO/ IL MONITO DI FASSINO: NO GIUSTIZIA SENZA LIBERTA'

Leader Ds onora vittime Gulag: connivenze colpevoli di Togliatti

San Pietroburgo, 29 giu. (Apcom) - In onore di chi pagò "con la vita la fiducia in una Rivoluzione che avrebbe dovuto cambiare il mondo" e per dimostrare che "non ci può essere giustizia senza la libertà". Questo il senso del viaggio di Piero Fassino che da San Pietroburgo guarda al passato sovietico, senza rinunciare a giudizi chiari: sottolineando la "colpevole connivenza di quei dirigenti" del Partito comunista "pur autorevoli come Togliatti che non ebbero il coraggio di sfidare la macchina oppressiva della dittatura".

Il segretario dei Ds per la prima volta nella capitale degli zar ha reso omaggio alle vittime dei Gulag. Tenendo un commosso discorso, davanti alla lapide di granito rosso, posta nel cimitero-memoriale di Levashovo. Senza dimenticare che "tra chi non si piegò c'è anche Antonio Gramsci, che si battè per sottrarre i suoi compagni a un destino tragico".

La spirale della violenza iniziata alla fine degli anni Trenta si scioglie nella commozione. "Nell'oppressione le disuguaglianze crescono, le ingiustizie si aggravano, la dignita' umana viene umiliata". Parole dense di storia e significato, a fronte di un destino tragico per oltre mille vittime italiane, delle quali non si deve perdere la memoria. Come ebbe a dire la poetessa russa Anna Akhmatova "mi piacerebbe chiamarli tutti per nome". E anche se il lavoro di recupero di tale memoria, non e' ancora concluso, tuttavia quanto fatto sino ad oggi si materializza nella pietra incisa e collocata tra due querce. A simbolo del sangue versato anche dagli italiani, nella macchina della morte stalianinia.

All'ingresso del cimitero di Levashovo domina un monumento dove un corpo umano e' stretto in una morsa. E il metallo nero spiega tutta la violenza di un atto di barbarie senza senso. "Nel 1937 sono arrivati con i carri trainati da cavalli e hanno portato delle tavole di legno", racconta Anatolij Razumov, direttore del centro per la Memoria ritrovata. "Recintarono l'area di 11 ettari e non si sapeva che cosa vi facessero dentro. Gli abitanti del posto vedevano soltanto entrare e uscire altri carri". Ma proprio su quei carri venivano trasportati i corpi dei fucilati a Leningrado (oggi San Pietroburgo), vittime del Terrore staliniano. "Alcuni - continua Razumov - non erano neppure morti. Venivano finiti, gettandoli nelle fosse comuni".

L'orrore della storia riemerge nel bosco di pini e betulle che ora sorge sul posto. Qui finirono le salme di russi e ucraini, finladesi, ebrei, bielorussi e di altre nazionalità. Cittadini del mondo, giunti nella "terra promessa" che per loro era l'Unione Sovietica. "Impegnando ogni giorno la propria intelligenza, la propria competenza professionale, il proprio entusiasmo nella costruzione di una società nuova, in cui ognuno potesse essere libero e riconosciuto nelle sue aspirazioni di vita", ha affermato Fassino.

La commemorazione delle vittime italiane dei gulag tenutasi quest'oggi ricorda "una comunità di circa 4mila persone, di cui 1.020 italiani che tra il 1919 e il 1951 subirono la repressione del terrore", ha affermato nel suo discorso l'ambasciatore italiano in Russia, Vittorio Surdo. Il diplomatico ha poi sottolineato il merito "particolare" di tre donne come "Luciana De Marchi, Pia Piccioni e Nella Masutti che non si arresero mai alla perdita dei loro cari e si batterono per tutta la vita, combattendo da sole per fare conoscere le tragedie che colpivano le loro famiglie e gli antifascisti italiani perseguitati da Stalin".

E come ha saputo spiegare la stessa De Marchi, che ha perso a 13 anni il padre "romantico" e comunista, "questa terra ha unito in un corpo solo tutti".

Surdo ha inoltre sottolineato il merito della città di San Pietroburgo e della Russia. "Ricordare un crimine contro l'umanità non è un'onta, ma è indice della maturita' politica e della crescita democratica degli Stati". E proprio la vicinanza dell'Italia alla città natale del presidente russo Vladimir Putin è stata ricordata anche negli interventi di Andrea Mascaretto, assessore del Comune di Milano, di Claudio Santarelli, vicepresidente del consiglio comunale di Milano, nonchè Roberto Ronza per la Regione Lombardia. "La storia personale e collettiva di queste sofferenze è ora conosciuta - ha detto Surdo - grazie al lavoro di organizzazioni come Memorial e Nomi Restituiti, nonchè di storici italiani come Elena Dundovich, Emanuela Guercetti, Francesca Gori, Gabriele Nissim, Giancarlo Lehner, Valerio Riva, Francesco Bigazzi".


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