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poeta76
00domenica 27 novembre 2005 16:57

Avrà non meno di una settantina d’anni, è pallido ed emaciato, barba incolta e, tra il collo liso del cappotto grigio a spina di pesce e il berrettino di lana scuro che gli ricopre la testa, s’intravedono i suoi capelli color argento, alla vista sottili. Dondola leggermente in senso laterale facendo leva sulle gambe, forse per combattere il freddo. Come tutte le persone anziane è un po’ curvato in avanti, come si dice in questi casi? Il peso dell’età?! Non si rade da qualche giorno, il bianco pelo che gli ricopre il viso è folto e ispido, ispido come il suo sguardo che balza fuori dagli occhi grandi e infossati. Porta appesa al collo una cassetta, come quelle che si vedono nei vecchi film in bianco e nero, utilizzate dalle venditrici di sigari nei night club, la differenza è che lui non ha un sorriso accattivante contornato da un viso truccato e i suoi occhi non hanno le ciglia allungate e nemmeno porta le orecchie da coniglietta sulla testa, con relativa coda sul fondo schiena. Le sue mani non sono ì coperte da lunghi guanti di raso lucido, anzi, sono ossute e tremolanti, quasi color ebano. Mani vissute; come vissuto è il suo viso e il taglio delle sue labbra, duro... arcigno. Nella cassetta non ci sono sigari e fiammiferi, ma tanti rotolini di carta ed, appesa ad essa, un piccolo cartello scritto a penna, appena leggibile: Massime e pensieri del giorno, “farina del mio sacco”, un euro speso bene.
Ti fermi incuriosita, lo guardi un solo istante, l’istante che basta per leggere nei suoi occhi. Leggi tutto quello che serve e non solo grazie alla tua sensibilità, ma grazie anche alla sua silente comunicatività.
Guardi nella cassetta, tu non parli; lui nemmeno. I rotolini sono noiosamente ordinati in file, tenuti in piedi con un ingegnoso sistema di pressette a molla con alle estremità un tamponcino di legno e feltro. Guardi a lungo, indecisa su quale prendere, poi opti per una scelta più vasta e aprendo la borsetta, estrai cinque euro dicendo: < Ne prendo cinque! >.
< No! >. Risponde l’anziano < può prenderne solo uno >.
< Come mai? > chiedi insistendo < ne voglio cinque, glieli pago! >.
< Lo credo bene che me li paga >
< Allora qual è il problema? >
< Se proprio insiste faccia pure, ma dopo non torni a protestare. Io l’avviso che è inutile prenderne cinque >.
< Potrei saperne la ragione? >
< Non gliela dirò, perché non è disposta a fidarsi >.
Lo guardi divertita. < Farò tesoro di questa lezione, glielo prometto. Per dimostrarglielo ne prenderò ugualmente cinque, così sbattendoci del tutto la testa forse capirò davvero > e per fargli capire che non ti stai burlando di lui, guardandolo con dolcezza aggiungi: < Sto parlando sul serio mi creda. La testa l’ho sempre sbattuta ma non sono mai riuscita ad imparare e spero sempre che prima o poi accada. > e sorridi serena.
In fondo quell’uomo ti ricorda tuo padre, solo che lui era meno arcigno, ma la situazione è certamente diversa, due vite vissute in modo diverso, che fosse stato per scelta o necessità, tuo padre non era stato mai costretto a vendere bigliettini per strada per poter sopravvivere, anche se sotto sotto, pensi che forse la cosa non gli sarebbe dispiaciuta, era comunque uno spirito libero ed in questo tu sei identica a lui.
L’uomo ti richiama dalle riflessioni in cui ti sei addentrata: < D’accordo bella signora, il tuo sorriso è bello e convincente > dice adesso in modo improvvisamente confidenziale, < ma ad un patto > aggiunge aspettando una tua domanda.
< Quale? >.
< Che non li apri tutti in una volta, ma dando un po’ di tempo tra l’uno e l’altro, deciderai tu quanto ne sarà necessario, e che poi apri il primo quando ti sarai allontanata da me. Sei qui gia da troppo tempo e mi stai facendo perdere molti clienti. >.
< Pagherò il suo tempo >. Ribatti.
< Se c’è una cosa che non potranno mai comprarmi, è proprio il mio tempo. Prendi i tuoi biglietti, paga solo quelli e continua la tua passeggiata. >. Conclude come se si sentisse offeso.
Quasi imbarazzata scegli velocemente i cinque rotolini, pagandogli auguri una buona serata, lui scontroso bofonchia una risposta.
Ti allontani dallo strano individuo pensando che nessuno non lo è.
Compiuti pochi passi ti fermi alla luce di una vetrina e, curiosa, cominci a srotolare uno dei bigliettini, sarà lungo dieci centimetri, lo dispieghi e leggi. La frase che sembra emergere all’improvviso dal bianco della carta, come una fronda sommersa emerge nelle acque di un laghetto.

“Pensare sempre al passato è come guidare guardando fisso nel retrovisore.”.

Ti giri verso il vecchio e lo guardi. Cerchi il suo sguardo come se volessi attingere ad un pozzo di saggezza, lui continua ancora a scaldarsi col suo moto ondulatorio, ma non guarda verso di te e capisci che non lo farà, quello che doveva dire l’hai gia saputo.
Ti senti consapevolmente triste, sai che quello che hai letto è vero e sai che per te, come per altre persone, è quasi impossibile avere la volontà di rinunciare al passato. Il passato è il contenitore delle nostre vite, traboccante di brutti ricordi e brutte esperienze ma anche di bei ricordi e uguali esperienze. Nessuno sa cosa il ci riservi futuro e di conseguenza molti o quasi tutti si aggrappano al passato. Non a caso tu lo dici sempre, Che cosa dici che sono i ricordi, Sabrina? Qual è la frase che usi spesso? “I ricordi sono quasi sempre la ragione delle nostre malinconie” E tu ne sai qualcosa. Molti! Ne sanno qualcosa.
Anche la tua paziente preferita ne sa qualcosa, quella che fa parte di quel gruppo di pazienti speciali, di una casa di riposo dove presti assistenza gratuita. Hai lasciato Maria sulla sua sedia nella cameretta dove alloggia, da poco più di un’ora. Ti rechi sempre volentieri lì, a dare la tua opera; quasi tutte le sere. Dedichi a loro un’ora o due, dialoghi a turni stabiliti quasi con tutti gli anziani di quella struttura, e ti limiti a dare loro quello che serve di più: la tua attenzione. Ti limiti a fare quello che loro vogliono, mettendo in pratica la legge divina: che se nostro Signore ci ha dotati di due orecchie e di una sola bocca un motivo logico c’è, e tu l’hai capito da tempo.
Così non fai altro che ascoltarli senza elargire loro consigli, ne tentare di psicoanalizzarli per spiegargli il perché dei loro comportamenti. Non è questo quello di cui hanno bisogno, a loro è utile solo che qualcuno li ascolti con attenzione, magari annuendo ogni tanto, o rinfocolando i loro discorsi e racconti con qualche domanda “interessata” e “curiosa”.
Fai tutto questo gratuitamente, ma non è corretto e lo sai, dovresti essere tu a pagare loro per quello che ti danno e Maria, in particolar modo, dovrebbe ricevere da te la parcella più alta.
Maria, che spesso quando racconta episodi della sua vita, frequentemente pieni di rammarico e pentimenti, non riesce a trattenere che i suoi occhi celesti, diventino come laghi scintillanti al sole, mentre solchi di umida tristezza le rigano il viso scaturendo in te un sentimento di tenerezza infinita.
Anche Maria parla spesso del passato, le piace ripercorre i sentieri del ricordo e raccontare, raccontare spesso, ma si sa, gli anziani in questo sono maestri.
Racconta Maria, e anche se a volte racconta lo stesso episodio, tu non sai perché, ma sembra sempre diverso, forse sarà l’intensità delle emozioni che riesce a trasmetterti, forse perché a te quell’episodio piace particolarmente, fatto sta che lei riesce sempre ad essere brillante nel narrarlo.
Maria in fondo ti riporta alla mente tua madre nei suoi ultimi anni di vita, quando anche lei rievocava le sue vicende, in particolar modo di quelle durante la guerra e delle brutture che aveva vissuto da adolescente, ma anche di episodi divertenti, come quando aveva sorpreso il suo fidanzato, futuro marito e quindi tuo padre, a braccetto con un’altra ragazza per le vie del centro. Come rideva quando raccontava di come avesse fatto scappare quella li, a gambe levate.
Tua madre si rattristava anche, quando poi ricordava i gesti affettuosi di tuo padre verso di lei, “una vita insieme” era solita dire “tutta una vita insieme e poi…”.

La nostra mente, pensi. Contenuta in poco meno di mille e cinquecento grammi di materia grigia, ma che riesce ad immagazzinare milioni e milioni di informazioni, talmente capace che se riuscissimo ad utilizzare al massimo la sua portata, non basterebbero tutti i computer del mondo per fare altrettanto. Siamo invece irrimediabilmente emotivi e con scarsa razionalità, in particolar modo dai trenta-trentacinque anni in poi, fatta eccezione di una scarsa minoranza di individui, ci lasciamo prendere dalle emozioni e anche chi ha timore o vergogna ad ammetterlo, dentro di se, il signor rimpianto assieme a sua moglie nostalgia, stabiliscono per sempre la loro dimora fino alla fine dei giorni.

“Pensare sempre al passato è come guidare guardando fisso nel retrovisore.”.

Quanta verità in questa frase! Una frase semplice, non certo aulica o poetica, qualcuno la definirebbe… filosofia spicciola, ma è una frase pregna di significativa verità.
Quante volte hai pensato che se Voltaire, avesse detto una qualunque stupidaggine, magari per burlarsi con la sua indubbia ironia di chi lo ascoltava, spiando poi divertito l’effetto suscitato, ancora adesso quella stupidaggine verrebbe ripetuta sui libri di filosofia come vangelo. Per contro, se un qualunque uomo di strada avesse espresso una delle citazioni del filosofo, per esempio, “Chi dice il segreto degli altri è un traditore; chi dice il proprio è uno sciocco.”. Allora un pensiero così importante sarebbe stato ignorato, eppure è lo stesso identico pensiero di uno dei massimi esponenti dell’illuminismo.
Quel vecchio è decisamente saggio e filosofo; avida ti giri di nuovo verso di lui, stai pensando di chiedergli se quello è il suo punto abituale, se lo ritroverai ancora lì, volendo. Lo vedi di spalle che forse stanco si allontana, speri che abbia una casa o un letto a caldo, lui non è Voltaire e non possiede il castello di Freney, per viverci e forse nemmeno lo vorrebbe. Per quanto ne sai ha solo quel cappotto a tre quarti dalla stoffa dura come un foglio di plastica, che appena gli ricopre le gambe, non ha altro che quei pantaloni larghi e scuri che sembrano di flanella e quel passo incerto a gambe leggermente divaricate che ricorda un po’ charlie chaplin quando impersonava charlotte.
No. Non è Voltaire e forse non sa nemmeno chi era costui, resta solo da sperare che sappia chi è egli stesso.
La sua andatura lenta e inesorabile lo allontana da te, sai che stai perdendo qualcosa. Vorresti raggiungerlo, conoscerlo meglio, suggere dai suoi pensieri il più possibile, carpire quello che per te è linfa vitale: le sue emozioni. Tu: vampira dell’io altrui.
Lo sai però perfettamente, lui non te lo permetterebbe mai, nemmeno per tutto l’oro del mondo e così lo lasci andar via e mentre si allontana ti senti un po’ più stanca, un po’ più vecchia. Hai
l’impressione come se le spalle si abbassassero leggermente e la tua schiena s’incurvi ma non sai se questo è dovuto ad un leggero stato di delusione, oppure a… come lo chiamano? Il peso dell’età?!
Allora apri la tua elegante borsetta, quella tanto invidiata dalle tue amiche: si, proprio quella, estrai un altro rotolino, lo srotoli ansiosa come fosse un medicinale d’emergenza, come fosse un cardiotonico.
Quasi lo strappi per la fretta, quando finalmente riesci ad aprirlo, lo leggi e quello che trovi scritto un po’ ti sorprende. Allora ne prendi un altro e questa volta togli i guanti per avere maggiore libertà di movimento, il freddo improvviso aggredisce le mani e l’epidermide reagisce provocandoti una fastidiosa reazione e senti milioni di aghi che ti pungono le mani, ma non ci fai caso, sei bramosa di leggere il bigliettino e lo fai, resti interdetta, non ti capaciti.
“ Ma cosa significa?” ti chiedi “che senso ha?”.
Estrai dalla tua borsetta l’ultimo dei bigliettini, questa volta i tuoi gesti sono quelli abituali, calmi e misurati, non ti aspetti niente di diverso, dispieghi con calma la striscia di carta e leggi:

“Pensare sempre al passato è come guidare guardando fisso nel retrovisore.”.

Sorridi. No! Non è Voltaire, ma avrebbe potuto esserlo.
Pensi ancora più convinta che quel vecchio è decisamente un saggio. Appallottoli quattro dei cinque bigliettini, tutti perfettamente identici, ti avvicini ad un cestino per i rifiuti e li getti via, sperando di gettare via assieme a loro la tua stoltezza.
“Eppure in qualche modo me l’aveva detto”, mormori a fior di labbra.

Infili nel carrello della spesa della tua vita l’ennesima lezione, mentre ti convinci sempre di più che a volte sembri un’ingenua ragazzina, la stessa ragazzina dell’“Istituto Magistrale Statale”, la stessa ragazzina del primo tremule bacio in un pomeridiano dopo scuola, la stessa ragazzina testarda ma pronta ad emozionarsi per poco.
Sentirsi così però è bello tutto sembra più rosa e i problemi quotidiani danno l’impressione di svanire nel nulla.

La strada è lì davanti a te, il traffico scorre lento, quasi silenzioso e tutti i suoni sembrano ovattati. Che strana sensazione stai provando adesso.
La gente e le anime continuano a percorrere quella strada in tua compagnia e le vetrine continuano a fare sfoggio delle loro luci e dei loro articoli esposti. Tutto ininterrottamente scorrere sotto gli occhi del mondo e il suo respiro.


M A X
_________________________________
I ricordi sono le liane della vita e noi i tarzan, che aggrappandoci ad esse...la percorriamo.
(MAX)

[Modificato da poeta76 27/11/2005 21.46]

[Modificato da poeta76 27/11/2005 21.48]

Stregadelmare
00martedì 29 novembre 2005 21:45
L'ho letto d'un fiato...emozionata e molto incuriosita...
Per me questo è ok, Max...però non è molto chiara la frase finale ma è una sciocchezza.

A.

[Modificato da Stregadelmare 29/11/2005 21.48]

poeta76
00mercoledì 30 novembre 2005 13:14
La frase finale
La strada è lì davanti a te, il traffico scorre lento, quasi silenzioso e tutti i suoni sembrano ovattati. Che strana sensazione stai provando adesso.
La gente e le anime continuano a percorrere quella strada in tua compagnia e le vetrine continuano a fare sfoggio delle loro luci e dei loro articoli esposti. Tutto ininterrottamente scorrere sotto gli occhi del mondo e il suo respiro.


Ciao Anna, ti ringrazio di aver letto "tutto d'un fiato", quando si legge così vuol dire che prende e credo sia un'enorme soddisfazione per chi scrive.
Cercherò, anche se non è facile, di spiegare la frase finale ma vorrei farlo spiegando il concetto più che la frase e sperando di riuscirci. Sono consapevole che una cosa è descrivere una propria immagine mentale e un'altra è cercare di farla vivere a chi legge. Qualcuno giustamente dirà che è in questo che si distingue un narratore-scrittore, e sono d'accordo! [SM=g27828]
Questa cosa che sto scrivendo, non segue una trama, non segue un filo logico ma si tratta di: una serie di flash back, ( mi auguro si scriva così ) qualche situazione di vita che accade in contemporanea, ( vedi questo capitolo ) di ricordi e pensieri a cui la protagonista si abbandona. Sabrina è una donna forte e determinata ma nostalgica e si ritrova spesso a pensare al passato. Attenta osservatrice e ascoltatrice, infatti non realizza il suo sogno di diventare insegnante ma abbraccia la professione di psicologa. ( è scritto in un capitolo che nn leggerete )
Ma tornando al finale, ho cercato di descrivere l'azione che lei compie: semplicemente si guarda attorno, guarda la vita che scorre.
Nonostante quello che ci accade, la vita continua a scorrere e l'umantà a respirare. Certo a chi si trova in praticolare momento, questo può sembrare indifferenza ma è solo la vita.
Sabrina compie una panoramica sul quello scampolo di mondo che in quel momento la circonda, pensando proprio questo: qualunque siano i nostri problemi, le nostre gioie o i nostri dolori, con noi o senza di noi...il mondo continuerà a respirare.
Spero di essere stato soddisfacentemente chiaro, se cio nn dovesse essere, ti prego di farmelo sapere.

L'ultimo capitolo che posterò è quello che speravo di nn estrarre, devo però essere onesto e inserirlo.
L'argomento è forte e l'ho trattato in modo abbastanza crudo. A qualcuna ha suscitato fastidio leggerlo ma era quello che volevo, in effetti.
Scrive di questo argometo, cercando di immaginarmi lo stato d'animo e i pensieri di una donna è stata una grande sfida, come del resto tutta questa cosa. ma che ci posso fare? sono un pazzo!
Un saluto a tutta la grotta. Brrrrr.....che freddo quì dentro.....

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