Il Dio nato morto Mark Lilla

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flabot
00sabato 31 ottobre 2009 18:59
Stò leggendo un libro molto interessante su religione, politica e occidente moderno, ne posterò alcuni passi, questo è il primo


Tutte le religioni, anche le più arcaiche, devono affrontare una sfida comune: rendere le relazioni tra Dio, l'uomo e il mondo comprensibili alle anime semplici e insieme coerenti per le menti razionali. Ai semplici offrono immagini; tali immagini danno poi luogo a enigmi che i pensatori devono dipanare.
Dio è al centro di tutte queste immagini e, a seconda di come le concepiamo, le nostre rappresentazioni dell'uomo e del mondo possono cambiare. Queste immagini alternative danno origine a un gran numero di possibilità teologiche e ciascuna può costituire la fonte di concezioni assai differenti, sarà sufficiente esplorare tre immagini astratte di Dio e prendere in esame il genere di argomentazioni che i teologi hanno basato su di esse.

IL DIO IMMANENTE

Il primo modo che analizziamo, per immaginare Dio è quello di considerarlo una forza immanente nel mondo, in senso sia temporale sia spaziale. In questa visione, il mondo è un luogo caotico dove le forze in gioco – divine, umane e naturali – sono un vero e proprio guazzabuglio. Spiriti, ninfe, antenati, sciamani, amuleti, persino stelle e sogni forgiano il nostro destino perché gli dei immanenti agiscono per loro tramite. Gli dei buoni fanno piovere, fanno crescere le messi, rendono fertile il bestiame. Proteggono il popolo in battaglia e dagli dei malvagi portatori di sconfitta, peste, siccità, malattia e morte. Il mondo è permeabile e dobbiamo dividerlo con gli esseri divini, i quali lo usano – e ci usano – per i propri scopi. La chiave per vivere in un mondo del genere è ingraziarsi gli dei buoni e tenere a bada quelli malvagi, se necessario adulandoli e corrompendoli.
Spinta all'estremo, la nozione di un Dio immanente può arrivare a sostenere che tutta la natura, forse anche gli esseri umani, emana dal divino. Si tratta del Dio dei panteisti. Ma non è chiaro se vi sia mai stato un popolo panteista in senso stretto, che abbia vissuto come se tutte le cose fossero letteralmente “piene di Dio”, dal momento che ciò avrebbe implicato un principio di assoluta uguaglianza tra gli esseri. Al contrario, civiltà con tale visione di un Dio immanente sembrano presumere che alcuni esseri siano più uguali di altri. Tradizionalmente esse si sono rivolte a eroi, famiglie nobili o caste la cui vicinanza al divino conferiva l'autorità di governare. In alcune civiltà questi sovrani teocratici erano ritenuti incarnazioni del divino, in altre ancora sacerdoti o rappresentanti dell'altissimo. Nell'antico Egitto, ad esempio, il faraone era concepito come uno degli dei, il quale perciò fungeva da intermediario tra il popolo e le altre divinità.
Con un Dio immanente, il divino diventa un'attiva forza temporale le cui relazioni con il popolo sono mediate dal sovrano, il quale può ricoprire anche la funzione di sacerdote. Il ruolo di chi governa è doppiamente rappresentativo: difende la causa del popolo davanti al divino, in modo molto simile a come farebbe un avvocato, e inoltre agisce quale difensore di Dio sulla terra, traducendo i decreti divini per le orecchie umane. Da sovrani di questo genere ci si aspetta che difendano attivamente il popolo contro i nemici ostili e la natura, e la loro sorte dipenderà dal successo nell'evocare il potere di Dio immanente qui e ora.


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flabot
00domenica 1 novembre 2009 18:42
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IL DIO REMOTO
La seconda immagine che incontriamo nella storia della religione è quella di un Dio remoto, che volta le spalle al mondo e nasconde il volto. A prima vista, il fascino di un deus absconditus potrebbe non essere evidente. A che serve un Dio se è assente, se non può essere invocato per sconfiggere i suoi nemici e consolare i suoi figli? Ma in realtà ci sono epoche in cui abbiamo bisogno proprio di un Dio cosi, un Dio la cui distanza ci aiuti a comprendere perché il divino rimanga indifferente ai nostri appelli. Siamo infatti turbati dalla nozione di un Dio immanente che non fa nulla quando il giusto soffre e i suoi nemici prosperano. I fedeli, come Giobbe, lanciano le proprie grida al cielo, ma Dio li fa aspettare. Come sopportare questo silenzio, come spiegarlo?
Una delle risposte ricorrenti nella storia della religione è che Dio ha abbandonato il mondo creato lasciandolo nelle mani del male. Un pensiero rozzo, ma può essere sviluppato in una teologia piuttosto raffinata, secondo la quale l'essere altissimo e benevolo è infinitamente lontano dal mondo creato, che è retto da un'altra forza malvagia. Gli dei immanenti possono essere moltissimi ed eterogenei, alcuni buoni, altri malvagi, condividere il mondo con essi significa imparare a prendere posizione. Se soffriamo, significa che dobbiamo stipulare nuove alleanze con le divinità. Un Dio remoto non può essere raggiunto, almeno finché dura il mondo creato, il che spiega perché continuiamo a soffrire. Esiste uno iato tra lui e il Dio inferiore che agisce nell'universo, e per il momento siamo nelle mani di quest'ultimo. Che la natura cosi concepita operi secondo leggi immutabili, qualcosa che gli dei immanenti non potevano permettere, è un'ulteriore dimostrazione della malvagità del Dio inferiore. Egli ha fatto della creazione un carcere dal quale è impossibile fuggire.
Quest'immagine del nesso divino è di tipo agnostico. Abbiamo famigliarità con le sette gnostiche nate e fiorite nella tarda antichità e con le loro elaborate visioni mitiche di come il cosmo fosse caduto nelle mani di un Dio inferiore, o demiurgo, il cui regno malvagio un giorno avrebbe avuto fine. Ma lo gnosticismo è più di un'antica setta. Da un punto di vista astratto, rappresenta una possibilità teologica sempre presente che nasce dall'immagine di un Dio remoto, e forme di gnosticismo possono essere rintracciate in numerose religioni e scuole filosofiche.
In effetti la spinta gnostica più profonda è stata in direzione dell'ascetismo. L'immagina gnostica oscura il presente illuminando un futuro radioso, un tempo in cui tutto ciò che è corrotto sarà distrutto e verrà instaurato il regno del bene. A coloro che possiedono la scintilla divina e la coltivano è concessa una conoscenza divina; non dovrebbe sorprenderci, allora, se alcuni di essi iniziano a pensare che tale conoscenza possa essere usata ai fini di un'immediata redenzione o per affrettare un'apocalisse che prepari la strada. L'accentuato chiaro scuro dello gnosticismo ha lo scopo di favorire una rivoluzione nelle anime dei credenti. E ogni rivoluzione nell'anima contiene un potenziale per la rivoluzione nel mondo.
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flabot
00lunedì 2 novembre 2009 17:54
DIO TRASCENDENTE

Una terza immagine teologica ci mostra un Dio che non vive lontano dal mondo né dimora in esso. Si tratta del Dio trascendente del deismo. E' anche il Dio della bibbia ebraica, la quale offre la visione più sviluppata di questo genere di divinità. In tale immagine, soltanto Dio è Dio. Egli dimora da solo nel cielo, sospeso sopra il mondo ma abbastanza vicino per essere raggiunto, sia per sua iniziativa sia per quella degli uomini. Non è sua abitudine mostrare il suo volto, ma lascia sufficienti tracce di sé – nella natura, nella scrittura, nelle nostre menti o nelle profezie- da non esserci estraneo. Anche quando si manifesta con inondazioni e pestilenze, accompagna le sue azioni con la parola. Questo Dio fornisce ragioni per il proprio agire, anche quando è arrabbiato, ferito o geloso. Non è un Dio arbitrario che scaglia saette mute da lontano o che parla per enigmi.
E' altresì un Dio creatore che ha fatto un universo buono e intelligibile per l'uomo, anche lui sua creatura. I cieli proclamano la sua gloria ma non sono investiti del suo potere; la terra è un suo disincantato artefatto, uno strumento che talvolta usa, ma non un'estensione di sé. Quanto all'uomo, è una creatura fatta ad immagine di Dio e ha ricevuto il soffio divino della vita. Sebbene non sia un Dio e non possa diventarlo, non è neppure una bestia o uno schiavo. Vivere in questa condizione intermedia è la lezione più difficile che deve imparare. Di tanto in tanto la tentazione di sfidare Dio lo travolge, allorché cerca un sapere proibito o si dedica a opere vane, costruendo torri alte fino al cielo o città nella pianura. Di tanto in tanto deve essere abbattuto, il suo orgoglio schiacciato. Solo allora gli è concesso sapere che è stato fatto di poco inferiore agli angeli e coronato di gloria e di onore dal Dio vivente. E' dunque una creatura peccatrice, sebbene non un'anima perduta. E' capace di pentimento, e poichè Dio è misericordioso verrà redento alla fine dei tempi.
La relazione dell'uomo con la natura è molto più complessa in presenza di un Dio trascendente. I Salmi ci dicono che “ I cieli sono I cieli del Signore, ma ha dato la terra hai figli dell'uomo”. L'uomo vive nella natura e nel contempo è al di sopra di essa. E' sollecito rispetto all'ordine che lo circonda, ma obbedisce solamente al suo creatore. Perchè esista il male in un mondo creato da un Dio buono è un rompicapo che persino la teodicea più elaborata ha difficoltà a spiegare. Ma ad eccezione per il libro di Giobbe, la Bibbia ebraica offre scarse spiegazioni alla sofferenza. All'uomo viene chiesto di essere fedele e di confidare in Dio; non è invitato a ispezionare le credenziali di Dio. Un approccio analogo è trasposto nella vita politica. Quando la Bibbia si volge infine alla politica, non è per investigare la natura dell'uomo in quanto animale politico, ma per descrivere il patto stipulato tra Dio e Israele, quindi per enunciare la legge divina emanata per regolare il patto. Patto e legge sono prodotti della parola; esistono delle ragioni dietro di essi. Ma dietro l'ultima ragione vi è solo la rivelazione. Israele può essere retta da giudici, re o sacerdoti, può governarsi da sè o essere dispersa tra le nazioni, ma le fonti della sua autorità politica rimangono sempre questo patto e questa legge, che sono le fonti originali della teologia politica biblica [SM=g1916242] [SM=g1916242] [SM=g1916242] [SM=g1916242]
flabot
00martedì 3 novembre 2009 17:32
Una domanda per riflettere
I tre passaggi da me postati sopra, mi offrono lo spunto di chiedere un attimo di riflessione. Mi sembra innegabile che l'uomo praticamente da sempre ha cominciato a cercare di capire chi, come e perchè esistesse, iniziando di fatto la ricerca di Dio. Qui sopra ci sono tre accenni di visioni diverse del "mistero" Dio, e delimitano un percorso di ricerca mai uguale, in ogni epoca l'idea di Dio ha subito inevitabilmente delle variazioni. Allo stato attuale, possiamo secondo voi dire che abbiamo ora capito Dio nella maniera giusta, o dobbiamo preventivare altri cambiamenti di rotta? [SM=g8862] [SM=g8862] [SM=g8862] [SM=g8862] [SM=g8862] [SM=g8108] [SM=g8108] [SM=g6794] [SM=g1916242] [SM=g1916242] [SM=g1916242]
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