Impegno del venditore ad eliminare i vizi della cosa consegnata e novazione

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cicolex
00venerdì 15 luglio 2005 08:57
Nel contratto di compravendita, l’obbligazione del venditore che si impegna ad eliminare i vizi della cosa venduta, costituisce un QUID PLURIS e non un QUID NOVI: ne discende la non configurabilità di un effetto estintivo – novativo poiché dall’impegno assunto non consegue novazione dell’obbligazione principale.

E’ in questi termini che si può sinteticamente riassumere il pensiero delle Sezioni Unite, chiamate nell’occasione a comporre un contrasto sorto tra le sezioni semplici circa la soluzione data al quesito “se comporti novazione dell'originaria obbligazione di garanzia l'impegno del venditore di eliminare i vizi della cosa consegnata, con conseguente preclusione dell'esperibilità delle azioni edilizie”.

Tale impegno, per le Sezioni Unite, “non costituisce una nuova obbligazione estintiva-sostitutiva dell’originaria obbligazione di garanzia, prevista dall’articolo 1490 del codice civile, ma consente al compratore di essere svincolato dai termini di decadenza e dalle condizioni di cui all’articolo 1495 del codice civile ai fini dell’esercizio delle azioni previste in suo favore dall’articolo 1492 del codice civile, costituendo tale impegno un riconoscimento del debito, interruttivo della prescrizione”.

Qualora, quindi, il venditore si obblighi a rimediare ai difetti del bene venduto, le conseguenze discendenti sono di vantaggio per il compratore – consumatore il quale potrà esperire le azioni edilizie, (1492 c.c.), senza i vincoli formali di cui all’art. 1495 c.c. : l’impegno assunto opera sul piano dell’esecuzione del contratto, poiché l’obbligazione di riparazione dei vizi costituisce una delle modalità della garanzia.

Nella vicenda obbligatoria sarà, ciò nonostante, possibile comunque rinvenire una fattispecie novativa ma solo sussistendo gli elementi essenziali per la novazione oggettiva, ribaditi dal Collegio: l'obbligazione originaria da novare (obligatio novanda), la volontà delle parti di estinguerla e di sostituirla con una nuova (animus novandi), la diversità della nuova obbligazione per l'oggetto o il titolo (aliquid novi).

La scelta delle Sezioni Unite sconfessa un precedente indirizzo.

Secondo l’orientamento giurisprudenziale non confermato dalle Sezioni Unite, l’obbligazione di eliminare i vizi della cosa integrava gli estremi di una vera e propria novazione con l’estinzione del vincolo originario, 1490 c.c. , e conseguente nascita di nuova ed autonoma obbligazione: ne discendeva la improponibilità delle azioni ex art. 1492 c.c.

Tale orientamento aveva trovato delle soluzioni compromissorie riconoscendo nella vicenda obbligatoria una novazione ma facendo salve le azioni spettanti al compratore: “il riconoscimento del venditore dei vizi della cosa venduta con suo impegno ad eseguire le specifiche riparazioni che si appalesano necessarie, comporta una novazione, inerente alla sola obbligazione di garanzia del venditore per vizi della cosa, lasciando fermo tra le parti l'iniziale contratto di compravendita, sicché ove gli interventi riparatori del venditore medesimo restino senza esito, ovvero, secondo la valutazione del giudice eseguita ai sensi dell'art. 1455 c. c., abbiano un effetto inidoneo ad eliminare il sopravvenuto squilibrio tra le prestazioni delle parti, l'acquirente conserva il diritto di chiedere la risoluzione del negozio traslativo, possibilità che non viene meno neppure se, in esito ai tentativi infruttuosi del venditore di eliminare i vizi, si sia prodotta la trasformazione del bene compravenduto”, (cfr. Cass. civ., 27/11/1985, n.5889 in Mass. Giur. It., 1985; cfr. App. Milano, 13/12/1983 in Foro Padano, 1983, I, 409).
cicolex
00venerdì 15 luglio 2005 08:58
Corte di cassazione

Sezioni Unite civili

Sentenza 21 aprile-21 giugno 2005 n. 13294

(Presidente Carbone; Relatore Elefante)

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 22/12/1987, la Tessitura D. s.a.s. proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo del 26/11/1987 per il pagamento di L. 5.944.035, e - messo dal Presidente del Tribunale di Busto Arsizio ad istanza della L. s.r.l. che di tale somma s'era dichiarata creditrice a titolo di saldo per una fornitura di scatole di cartone stampate plastificate. Deduceva la società opponente l'esistenza di vizi della merce (scollatura delle scatole) che la rendevano inidonea all'uso: vizi che non erano stati eliminati dall'intervento effettuato dalla venditrice. Chiedeva, pertanto, previa revoca del decreto opposto, la risoluzione del contratto e, in subordine, la riduzione del prezzo.

Costituitasi, la soc. L. contestava la fondatezza dell'opposizione, deducendo, fra l'altro, la decadenza dalla garanzia per tardiva denuncia dei vizi.

Il Tribunale revocava il decreto ingiuntivo e, in accoglimento della domanda di riduzione del prezzo, condannava la soc. L. alla restituzione della somma di L. 6.804.301.

Proponeva appello la soc. L., deducendo fra l'altro che l'obbligazione di garanzia prevista dall'art. 1490 C.C. si era estinta per novazione in considerazione della nuova obbligazione assunta dalla venditrice che, nel riconoscere l'esistenza dei vizi, si era impegnata ad eliminarli: pertanto non erano esperibili i rimedi di cui all'art. 1492 C.C., in particolare l'acto quanti minoris, ma se mai soltanto quella di risarcimento del danno per inadempimento della nuova obbligazione. Con sentenza n. 344/00 dell'8-15/02/2000, la Corte d'appello di Milano rigettava l'impugnazione, osservando, per quel che qui rileva, che il riconoscimento dei vizi con l'impegno di eseguire le riparazioni necessarie ad eliminarli non dà luogo di per sé alla novazione dell'intero contratto di vendita, se non sia provata in concreto la volontà delle parti di sostituire al rapporto originario un nuovo rapporto con diverso oggetto o titolo, come richiesto dagli artt. 1230 e 1231 C.C.

Pertanto, non sussistendo la novazione della originaria obbligazione di garanzia del venditore per i vizi, rimane fermo l'iniziale contratto di compravendita, conseguentemente, ove, gli interventi riparatori restino senza esito, ovvero abbiano un effetto inidoneo ad eliminare il sopravvenuto squilibrio tra le prestazioni delle parti, il compratore conserva il diritto di domandare a sua scelta la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo.

Contro tale sentenza la soc. L. ha proposto ricorso per cassazione, al quale la soc. Tessitura D. ha resistito con controricorso.

La seconda sezione civile, con ordinanza del 16/12/2003, ha rilevato la presenza di orientamenti giurisprudenziali divergenti in ordine alla riconducibili dell'impegno assunto dal venditore di eliminare i vizi della cosa venduta nell'ambito della novazione oggettiva dell'obbligazione di garanzia.

Per la composizione del contrasto, il Primo Presidente, ai sensi dell'art. 374, 2° comma, C.P.C., ha rimesso la questione alle sezioni unite.

Motivi della decisione

1. Il ricorso contiene tre motivi.

a) Il primo motivo riguarda la violazione e falsa applicazione degli artt. 1492, 1495 e 1230 C.C. Sostiene la ricorrente che a seguito della novazione dell'originaria obbligazione di garanzia per effetto dell'impegno assunto dal venditore di riparare la cosa difettosa, non era ammissibile l'azione di riduzione del prezzo, riconducibile, ai sensi dell'art. 1490 C.C., esclusivamente alla garanzia per vizi: nel caso di inadempimento della nuova obbligazione - assunta dal venditore in sostituzione di quella di garanzia e non rientrante per il suo contenuto fra quelle derivanti dal contratto di compravendita - il rimedio esperibile era soltanto quello del risarcimento del danno.

b) Il secondo motivo concerne la violazione e falsa applicazione degli artt. 1492 e 1495 C.C. sotto un diverso profilo. La ricorrente censura la sentenza impugnata per aver - nel ritenere ammissibile il rimedio della riduzione del prezzo nel caso di inadempimento della nuova obbligazione assunta dal venditore - erroneamente applicato il principio di diritto formulato dalla Suprema Corte (con la decisione richiamata: Cass. 27/11/1985, n. 5889), secondo cui il compratore può chiedere, ai sensi dell'art. 1455 C.C., la risoluzione del contratto: tale norma esclude l'acto quanti minoris.

c) Il terzo motivo attiene alla violazione e falsa applicazione degli artt. 2909 C.C. e 324 C.P.C. La ricorrente deduce che erroneamente la sentenza impugnata ha ritenuto l'esistenza del giudicato in ordine all'ammissibilità dell'azione quanti minoris, senza considerare che aveva formato oggetto dell'appello da essa proposto.

2. In relazione ai primi due motivi, da trattare congiuntamente per evidenti ragioni di connessione, l'ordinanza di remissione ha rilevato l'esistenza di un contrasto all'interno della giurisprudenza di questa Corte nei seguenti termini.

2.1. Con pronunce conformi la Suprema Corte ha affermato e ribadito che, qualora il venditore riconosca la sussistenza di difetti della prestazione eseguita ed assuma, in luogo dell'obbligazione di garanzia rientrante nell'originario contratto, l'obbligo di eliminare i vizi stessi, si configura a carico di tale parte un'obbligazione nuova ed autonoma (rispetto a quella di garanzia), non soggetta ai termini di prescrizione e decadenza previsti dalla disciplina del contratto di vendita (art. 1495 C.C.), restando soggetta all'ordinaria prescrizione decennale (v., fra tante, Cass. 19/6/2000, n. 8294; 12/5/2000, n. 6089; 11/5/2000, n. 6036; 24/4/1998, n. 4219; 29/8/1997, n. 8234; 20/2/1997, n. 1561; 12/6/1991, n. 6641).

2.2. Tali pronunce appaiono in contrasto con altre dalle quali, con riferimento all'istituto della novazione oggettiva in generale (art. 1230 C.C.), si ricava il principio costantemente ribadito dalla Corte di Cassazione, secondo il quale l'effetto estintivo dell'obbligazione, che è proprio della novazione, presuppone sempre - anche se si acceda alla concezione più ampia della novazione medesima, che la ravvisa in ogni ipotesi di mutamenti di carattere quantitativo dell'oggetto o di modifiche di modalità o di elementi di una medesima prestazione - che sia accertata comunque la sussistenza dell'animus novandi, che deve essere provato in concreto (Cass. 12/9/2000, n. 12039; 14/7/2000, n. 9354); con l'ulteriore corollario che la modifica dell'oggetto del contratto integra una novazione quando dà effettivamente luogo ad una nuova obbligazione incompatibile con il persistere dell'obbligazione originaria, e non anche quando le parti regolino semplicemente le modalità relative all'esecuzione dell'obbligazione preesistente, senza alterarne l'oggetto ed il titolo (Cass. 22/5/1998, n. 5117; 7/3/1983, n. 1676).

2.3. Secondo l'ordinanza di remissione, ove si ritengano applicabili i principi enunciati nelle sentenze da ultimo citate, sarebbe quanto meno problematico aderire alla soluzione offerta dalle pronunce più sopra menzionate ed ai criteri dalle stesse indicati, con riguardo alla ritenuta novazione dell'obbligazione discendente dall'art. 1490 C.C. a carico del venditore e alle conclusioni che ne sono state tratte, in punto di inammissibilità dell'azione di riduzione ex art. 1492, comma 1, C.C., nel caso di riconoscimento dei vizi della cosa venduta e di assunzione dell'obbligo di eliminarli; sembrando tutt'altro che ragionevole ritenere «novata» l'originaria obbligazione del venditore, che pertanto non sarebbe più quella di cui all'art. 1490 C.C., con conseguente impossibilità per l'acquirente di esperire le azioni di garanzia offertegli dalla legge, pur in totale carenza dell'animus novandi e della causa novandi, che ne costituiscono elementi imprescindibili.

3. Il contrasto giurisprudenziale rilevato con l'ordinanza di remissione, in sostanza, se comporti novazione dell'originaria obbligazione di garanzia l'impegno del venditore di eliminare i vizi della cosa consegnata, con conseguente preclusione dell'esperibilità delle azioni edilizie, in particolare di quella di riduzione del prezzo (actio quanti minor).

3.1. Prima di procedere all'esame del contrasto nei termini in cui e stato enunciato, è opportuno effettuare una, sia pur sintetica, ricognizione dell'orientamento della Corte e della dottrina, partendo dalle norme codicistiche, in tema di obbligazione di garanzia per vizi della cosa venduta e in relazione all'istituto della novazione.

4. Secondo l'art. 1476 C.C., «le obbligazioni principali del venditore sono:

1) quella di consegnare la cosa al compratore;

2) quella di fargli acquistare la proprietà della cosa o il diritto, se l'acquisto non è l'effetto immediato del contratto;

3) quella di garantire il compratore dall'evizione e dai vizi della cosa».

L'art. 1477, 1° comma, C.C. stabilisce che «la cosa deve essere consegnata nello stato in cui si trovava al momento della vendita». A sua volta l'art. 1490, 1° comma, C.C. definisce il contenuto della garanzia per vizi, sancendo che «il venditore è tenuto a garantire che la cosa venduta sia immune da vizi che la rendano inidonea all'uso cui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore». Ai sensi del 1° comma dell'art. 1492 C.C. (effetti della garanzia) «nei casi indicati dall'art. 1490 il compratore può domandare a sua scelta la risoluzione del contratto (art. 1453 ss.) ovvero la riduzione del prezzo salvo che, per determinati vizi, gli usi escludano la risoluzione».

5. Secondo giurisprudenza, l'obbligazione di garanzia discende dal fatto oggettivo del trasferimento di un bene affetto da vizi che lo rendano inidoneo all'uso cui i destinato o ne diminuiscano in misura apprezzabile il valore, mentre possibili profili di colpa del venditore rilevano, ex art. 1494 C.C., ai soli eventuali (e diversi) fini risarcitori (Cass. 8/3/2001, n. 3425; 12/5/2000, n. 6089; 22/8/1998, n. 8338).

In alcune sentenze è detto che l'azione di inadempimento del contratto di compravendita è regolata non già dalla disciplina generale dettata dagli art. 1453 e ss. C.C., ma dalle norme speciali di cui agli art. 1492 e ss. C.C., che prevedono specifiche limitazioni rispetto alla disciplina generale, ed in particolare l'onere di denuncia dei vizi nel termine di otto giorni dalla scoperta, che condiziona sia l'esercizio dell'azione di risoluzione e dell'azione di riduzione del prezzo previste dall'art. 1492 C.C., sia quella di risarcimento dei danni prevista dall'art. 1494 c.c. (Cass. 5/5/2000, n. 6234; Cass. 4/9/1991, n. 9352).

6. In dottrina, il fondamento dell'istituto è controverso, anche se gli autori sono concordi nel ritenere che, nonostante l'espressione letterale, l'art. 1476 n. 3) C.C., non configura, acconto a quelle di cui ai numeri 1) e 2), una autonoma obbligazione avente ad oggetto la prestazione di garanzia: le obbligazioni del venditore sono quelle di trasferire la proprietà della cosa e di consegnarla nello stato di fatto in cui si trovava al momento della conclusione del contratto. Qualora la cosa risulti difettosa, la garanzia di cui agli artt. 1490 e 1492 C.C., nel prevedere la soggezione del venditore ai rimedi della risoluzione del contratto o della riduzione del prezzo, dà luogo a un'ipotesi di responsabilità per inadempimento indipendentemente da colpa, in considerazione dello squilibrio fra le attribuzioni patrimoniali derivanti dall'obiettiva esistenza dei vizi al momento della conclusione del contratto.

6.1. Secondo alcuni autori, la specialità e la esclusività della garanzia per vizi opera nel senso che il compratore, nel caso in cui il venditore non sia in colpa, non possa esperire l'azione di adempimento per ottenere dal venditore la riparazione o la sostituzione della cosa difettosa: unici rimedi esperibili sono la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo. La consegna di cosa affetta da vizi o priva delle qualità promesse è stata da altri ricondotta all'ipotesi della responsabilità contrattuale per inadempimento e da taluni all'inesatta esecuzione del rapporto.

6.2. È stato pure rilevato che la riparazione della cosa, esulando dal contenuto della prestazione contrattuale, potrebbe assumere rilievo soltanto sotto il profilo del risarcimento del danno in forma specifica (art. 2058 C.C.). D'altra parte, il compratore non potrebbe chiedere la sostituzione del bene difettoso, perché in tal caso verrebbe chiesto al venditore un secondo adempimento.

6.3. La maggior parte degli autori, in considerazione della natura delle obbligazioni poste a carico dell'alienante (aventi ad oggetto un dare) e del contenuto della garanzia per vizi, ritiene che il venditore non può essere tenuto a un'obbligazione di facere, che possa consistere nella riparazione o sostituzione del bene: il che troverebbe conferma anche nel rilievo che tali rimedi sono normativamente previsti in ipotesi circoscritte, per evitare che il danneggiante sia costretto a sopportare un sacrificio economico sproporzionato rispetto al valore del bene (ad esempio, la sostituzione della cosa è espressamente prevista dall'art. 1512, 2° comma, C.C., per il caso in cui il venditore abbia prestato la garanzia di buon funzionamento; in tema di appalto, l'art. 1668 C.C. prevede espressamente a favore del committente la possibilità di chiedere l'eliminazione della difformità e dei vizi a cura e spese dell'appaltatore).

7. Stabilisce l'art. 1230 C.C. che «L'obbligazione si estingue quando le parti sostituiscono all'obbligazione originaria una nuova obbligazione con oggetto o titolo diverso.

La volontà di estinguere l'obbligazione precedente deve risultare in modo non equivoco». In tema di modalità che non importano novazione, il successivo art. 1231 C.C. dice che il rilascio di un documento o la sua rinnovazione, l'apposizione o l'eliminazione di un termine e ogni altra modificazione accessoria dell'obbligazione non producono novazione.

7.1. Elementi essenziali per la novazione oggettiva, che costituisce un modo di estinzione dell'obbligazione diverso dall'adempimento, sono: l'obbligazione originaria da novare (obligatio novanda), la volontà delle parti di estinguerla e di sostituirla con una nuova (animus novandi), la diversità della nuova obbligazione per l'oggetto o il titolo (aliquid noti).

7.2. Secondo la giurisprudenza, il mutamento dell'oggetto o del titolo deve riguardare la causa dell'obbligazione, per cui le modifiche accessorie non hanno alcuna rilevanza (Cass. 2/4/2004, n. 6520; 12/9/2000, n. 12039). L'animus novandi, inteso come manifestazione non equivoca dell'intento novativo, deve essere comune ai contraenti (Cass. 9/4/2003, n. 5576; 19/11/1999, n. 12838) e non può essere presunto ma deve essere provato in concreto (Cass. 27/7/2000, n. 9867; 7/3/1983, n. 1676).

La necessità di una volontà diretta in modo non equivoco alla novazione oggettiva dell'obbligazione, stante il principio generale di conservazione degli effetti del negozio, sta a significare che l'intento estintivo-sostitutivo deve essere certo, senza peraltro che siano richieste espresse dichiarazioni di volontà, essendo sufficiente anche un comportamento concludente o una manifestazione tacita, ravvisabile nelle ipotesi di incompatibilità oggettiva (Cass. 1998, n. 5399; 1987, n. 9620; 1983, n. 1676). È da escludere che l'intento novativo possa farsi risalire a una volontà presunta.

8. Il panorama giurisprudenziale, in tema di riconoscimento dei vizi e assunzione dell'obbligo di eliminarli da parte del venditore, è il seguente.

8.1. Alcune sentenze espressamente affermano l'esistenza della novazione oggettiva dell'originaria obbligazione di garanzia in presenza dell'impegno assunto dal venditore di riparare o sostituire la cosa difettosa (Cass. 12/5/2000, n. 6089; 19/6/2000, n. 8294; 13/1/1995, n. 381; 5/9/1994, n. 7651). In particolare si dice che qualora il venditore, tenuto per legge alla garanzia per vizi, riconosca la sussistenza di difetti della prestazione eseguita ed assuma, in luogo dell'obbligazione di garanzia, rientrante nel contenuto dell'originario contratto, l'obbligo di eliminare i vizi stessi, si configura a carico di tale parte un'obbligazione nuova ed autonoma (rispetto a quella di garanzia), non soggetta ai termini di decadenza e di prescrizione previsti dal contratto di vendita restando soggetta alla ordinaria prescrizione decennale (Cass. 12/5/2000, n. 6089).

Si precisa, altresì, che mentre il semplice riconoscimento dei vizi rende superflua la denuncia del compratore, il riconoscimento che il venditore faccia, verificatasi la decadenza, e l'impegno che egli assuma di eliminarli, dà luogo ad una nuova obbligazione con estinzione per novazione dell'obbligazione originaria (Cass. 13/1/1995, n. 381; 5/9/1994, n. 761). Tale indirizzo, nell'evidenziare la differenza fra il mero riconoscimento dei vizi (che ha il limitato effetto di rendere superflua la denuncia da parte del compratore) e l'impegno assunto dal venditore di eliminarli o di sostituire la cosa (che può avvenire anche per facta concludentia), sottolinea il verificarsi della novazione oggettiva dell'originaria obbligazione di garanzia, in quanto sostituita da una nuova, che avendo ad oggetto un facere, non rientra nella previsione di cui all'art. 1490 C.C.: ne consegue l'inapplicabilità della disciplina dettata in tema di decadenza e di prescrizione dall'art. 1495 C.C.

8.2. Altre sentenze si limitano a sostenere che l'impegno del venditore di eliminare i vizi della cosa difettosa o di sostituirla determina la costituzione di un'obbligazione che, essendo nuova ed autonoma rispetto a quella originaria di garanzia, è sempre svincolata dai termini di decadenza e di prescrizione decennale, indipendentemente dalla volontà delle parti (Cass. 29/8/1997, n. 8234; 14/11/1994, n. 9562). Non fanno riferimento all'effetto estintivo-sostitutivo dell'originaria obbligazione di garanzia e non parlano di novazione oggettiva, ma sottolineano soltanto che l'obbligazione del venditore di eliminare i difetti della cosa è svincolata, indipendentemente dalla volontà delle parti, dai termini di cui all'art. 1495 C.C. (Cass. 13/12/2001, n. 15758).

8.3. Similmente numerose decisioni (Cass. 17/4/2001, n. 5597; 11/5/2000, n. 6036; 24/4/1998, n. 4219; 20/2/1997, n. 1561; 12/6/1991, n. 6641) si soffermano unicamente ad analizzare, in relazione agli oneri imposti al compratore dall'art. 1495 C.C., i presupposti, le modalità, la natura e gli effetti del riconoscimento dei vizi da parte del venditore, rilevando che il riconoscimento può avvenire anche per facta concludentia e che esso impedisce la decadenza del compratore per l'omessa denuncia ovvero può integrare la rinuncia del venditore a far valere la decadenza già verificatasi (Cass. 1/4/2003, n. 4893; 16/7/2002, n. 10288).

8.4. Esclude espressamente la configurabilità della novazione soggettiva Cass. 29/12/1994, n. 11281 così argomentando: «poiché rientra tra le obbligazioni del venditore la prestazione di una cosa immune da vizi indicati nell'art. 1490 C.C., l'assunzione dell'impegno di eliminare i vizi, che eventualmente esistessero nella cosa oggetto della vendita, non è che uno dei modi con i quali si assicura e si attua l'esatto adempimento dell'obbligazione; essa, di per sé, non dà luogo all'esistenza di un accordo diretto a modificare uno degli elementi essenziali dell'obbligazione stessa, posto che la scelta di uno dei rimedi offerto dalla garanzia, come non apporta un obiettivo mutamento del vincolo obbligatorio, così nemmeno implica necessariamente le volontà di sostituire alla precedente una nuova e diversa obbligazione».

9. Secondo l'ordinanza di remissione, l'orientamento della Corte che attribuisce natura novativa dell'originaria obbligazione di garanzia all'impegno assunto dal venditore di riparare o sostituire la cosa difettosa si porrebbe in contrasto con i principi formulati in tema di novazione oggettiva dell'obbligazione.

L'effetto estintivo dell'obbligazione, proprio della novazione oggettiva, è detto nella citata ordinanza, presuppone che sia accertata la sussistenza dell'animus novandi, sicché la modifica dell'oggetto del contratto integra una novazione quando dà effettivamente luogo ad una nuova obbligazione incompatibile con il persistere di quella originaria e non anche quando le parti regolino modalità relative all'esecuzione dell'obbligazione preesistente senza alterarne l'oggetto o il titolo.

9.1. Ma al riguardo le sentenze (sub 8.1), secondo le quali l'impegno assunto dal venditore dà luogo a una nuova ed autonoma obbligazione che sostituendosi a quella di garanzia ne determina l'estinzione per novazione oggettiva, evidenziano che sono le parti a costituire una nuova ed autonoma obbligazione in luogo di quella originaria derivante dal contratto di compravendita. Pertanto, l'obbligazione di riparare o sostituire la cosa difettosa è ritenuta nuova ed autonoma, in quanto non rientra nel contenuto della garanzia (ovvero fra le obbligazioni contrattuali poste a carico del venditore) ed è caratterizzata dall'avere un oggetto diverso (aliquid novi) rispetto a quello di garanzia derivante dal contratto di compravendita, determinandone il mutamento e non semplicemente la «modifica» della relativa modalità di esecuzione. Il sorgere di una nuova obbligazione, secondo tali sentenze, assumerebbe rilievo anche sotto il profilo dell'animus novandi, in quanto l'esistenza dell'accordo novativo andrebbe accertato verificando se, con l'accettazione da parte del compratore della nuova obbligazione assunta dal venditore, le parti abbiano inteso sostituire l'originaria obbligazione ed estinguerla per novazione (potendo la volontà delle parti di estinguere la precedente obbligazione risultare, come si e detto, anche per facta concludentia). Ma tale indagine, risolvendosi nella verifica in concreto della natura novativa o meno dell'accordo, costituisce accertamento di fatto, riservato al giudice di merito ed è incensurabile in cassazione se immune da vizi logici e giuridici (v. ex plurimis: Cass. 5/5/1998, n. 4520; 20/2/1997, n. 1661).

9.2. Le sentenze (sub 8.2), che focalizzano l'indagine esclusivamente sulla non operatività dei termini di decadenza e di prescrizione di cui all'art. 1495 C.C. per effetto dell'impegno l'assunto dal venditore di eliminare i vizi, danno rilievo assorbente alla manifestazione unilaterale di quest'ultimo, non facendo alcun riferimento all'effetto estintivo-sostitutivo della precedente obbligazione, che in assenza di un accordo delle parti non potrebbe evidentemente prodursi. In realtà tali sentenze appaiono ispirate dall'esigenza di tutelare il compratore dai rigorosi termini di decadenza e prescrizione imposti dall'art. 1495 C.C., e, pertanto, l'impegno assunto dal venditore e stato considerato come svincolato da detti termini. Al riguardo è stato pure affermato (Cass. 26/6/1995, n. 7216), analizzando la natura e la portata della dichiarazione del venditore, che bisogna scindere gli effetti che sono ad essa direttamente collegati da quelli che postulano, con l'accettazione del compratore, il perfezionamento della novazione: nella prima ipotesi l'impegno del venditore, dando luogo al riconoscimento del debito, ha soltanto efficacia interruttiva della prescrizione ex art. 2944 C.C.

9.3. Infine, le sentenze (sub 8.3), che si sono limitate a considerare gli effetti e le modalità del solo riconoscimento dei vizi, non hanno dovuto esaminare la natura e gli effetti dell'obbligazione di riparare o sostituire la cosa difettosa, che non era oggetto del thema decidendum.
cicolex
00venerdì 15 luglio 2005 08:58
10. Pertanto, un vero e proprio contrasto giurisprudenziale non appare sussistere. Tuttavia, nei termini in cui i stato denunciato, deve essere risolto in base alle seguenti considerazioni.

11. La garanzia per vizi, che si giustifica in relazione ad una serie di particolari istituti di tutela - di prevalente origine commerciale - che caratterizzano lo scambio di beni, attiene alla prestazione traslativa e, sebbene trovi specifica regolamentazione nella vendita (negozio nella pratica dominante), non v'è dubbio che è suscettibile di più ampia applicazione ai contratti di alienazione.

11.1. In realtà, sulla natura della garanzia - connessa ai tradizionali istituti di tutela del compratore e sulla posizione che essi assumono rispetto alle comuni regole di tutela creditoria - mancano soluzioni chiare: suggestioni storiche e concettuali concorrono a rendere l'istituto non facilmente inquadrabile, anche se è generalmente inserito nel sistema della responsabilità contrattuale, e quindi dell'inadempimento indipendentemente da colpa.

11.2. Così, sinteticamente, la garanzia, di volta in volta, è stata ricondotta all'invalidità del negozio (per anomalia funzionale della causa), all'assunzione del rischio (come precetto primario di tipo assicurativo), ad una speciale forma di responsabilità (collegata all'obbligo del venditore di consegnare la cosa qualitativamente esatta), fino ad essere intesa come violazione dell'impegno del venditore in ordine dell'esatto risultato traslativo, in quanto la regola del consenso traslativo, derivante da una pratica negoziale in cui era divenuta superflua la consegna come formalità condizionante il trasferimento della proprietà, non annulla l'impegno negoziale dell'alienante circa la conformità del bene al contenuto esplicito o implicito della sua offerta (un bene sano e senza difetti occulti).

12. Il consenso traslativo richiede un accenno, sia pure fugace, alla distinzione, riguardo al modo e al momento di perfezione del vincolo, tra contratti consensuali e contratti reali; nonché, riguardo all'efficacia che sono destinati ad avere immediatamente, tra contratti con efficacia reale (o traslativi) e contratti obbligatori.

12.1. Nel diritto moderno i contratti si perfezionano di regola con il semplice consenso delle parti (cd. principio consensualistico). Secondo l'art. 1376 C.C. «Nei contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa determinata, la costituzione o il trasferimento di un diritto reale ovvero il trasferimento di altro diritto, la proprietà o il diritto si trasmettono e si acquistano per effetto del consenso delle parti legittimamente manifestato». In tema di compravendita, il contratto è perfetto nel momento in cui si raggiunge l'accordo. Il consenso, formatosi secondo legge, produce gli effetti voluti: indipendentemente, e quindi anche prima, del trasferimento del possesso e del pagamento del dovuto. Logicamente tali affermazioni sono relative al rapporto inter partes tra i contraenti, mentre relativamente all'efficacia erga omnes il consenso potrebbe essere non più sufficiente, con conseguente applicazione della regola della consegna (art. 1155 C.C.) nell'ipotesi di pluralità di vendite dello stesso immobile, o della trascrizione (art. 2644 C.C.) nell'ipotesi di vendita dello stesso immobile a più acquirenti.

12.2. Ci sono alcuni contratti speciali, per i quali il consenso, pur sempre necessario, non basta, nel senso che il contratto è perfetto soltanto con la consegna della cosa, con la tradizione alla controparte dell'oggetto del contratto (ad esempio: comodato (art. 1803 C.C.), mutuo (art. 1813 C.C.), deposito (1766 C.C.), pegno (2784 C.C.), riporto (1548 C.C.), trasporto (art. 1678 C.C.) etc.). Prima della consegna non c'è contratto, ma c'è uno degli elementi della fattispecie complessa (consenso + traditio) di cui è formato il contratto reale. Pertanto la consegna non è effetto obbligatorio del contratto, ma un elemento costitutivo dello stesso.

La categoria dei contratti reali, che ha prevalentemente un significato storico, conserva anche una funzione e un valore di carattere pratico, ben visibili, per esempio, nel pegno, dove la consegna della cosa mobile dà al creditore una certezza di garanzia, e nel deposito, dove la consegna della cosa costituisce il presupposto necessario per l'esercizio dell'attività di custodia.

12.3. La distinzione tra contratti obbligatori (ad es. locazione, mandato, comodato etc.) e contratti con efficacia reale (o traslativa, ad es. compravendita, permuta, donazione etc.) rileva nel senso che i primi producono soltanto effetti obbligatori (in quanto, senza realizzare automaticamente per il semplice consenso l'effetto voluto, fanno assumere alle parti l'obbligazione di un certo atto da compiere e di un comportamento da osservare), mentre i secondi producono anche effetti reali perché, accanto e oltre l'effetto principale di trasferire o costituire diritti, fanno sorgere, tra le parti, obbligazioni da adempiere.

12.4. Nei contratti con efficacia reale, se sono consensuali (come la compravendita), il trasferimento o la costituzione del diritto reale si attuano per effetto immediato del consenso (principio consensualistico: art. 1376 C.C.). Nel mutuo, invece, che è un contratto reale, la proprietà sulla cosa fungibile si trasferisce nel momento in cui il contratto e perfetto, cioè nel momento in cui avviene la tradizione (consegna) della cosa prestata.

Il criterio distintivo del contratto reale si riferisce alla formazione del contratto, cioè al suo perfezionarsi, quello del contratto con efficacia reale si riferisce, invece, agli effetti.

12.5. L'individuazione del momento in cui si attua l'efficacia reale ha molta importanza, specie dal punto di vista pratico. Così, ad esempio, nel contratto di compravendita, nel preciso istante in cui passa la proprietà passa anche il rischio del perimento della cosa per caso fortuito, in virtù del principio res perit domino, affermato nell'art. 1465 C.C.; per cui, se prima del pagamento del prezzo, un incendio distrugge la cosa venduta, il venditore ha diritto di ricevere il prezzo, anche se più non farà la consegna del bene al compratore.

In generale, invece, secondo il disposto dell'art. 1463 C.C., la parte liberata per la soppravvenuta impossibilità della prestazione dovuta non può chiedere la controprestazione e deve restituire quella che abbia già ricevuta, secondo le norme relative alla ripetizione dell'indebito.

13. Sempre in tema di tutela del compratore bisogna ricordare che la giurisprudenza (per lo più confortata dal sostegno della dottrina dominante) tende sempre più a ridurre il numero delle fattispecie riconducibili ai vizi redibitori (e alla mancanza di qualità essenziali), estendendo invece la categoria dell'aliud pro alio, in presenza della quale è noto che il compratore risulta svincolato dall'onere di denuncia e dalla prescrizione breve.

13.1. La legislazione in tema di tutela del consumatore e responsabilità del produttore (L. 21/12/1999, n. 526 e d.p.r. 24/5/1988, n. 244) incoraggia le posizioni interpretative favorevoli all'acquirente nel caso di consegna di cosa difettosa.

14. Come si è visto, la giurisprudenza allorché adotta lo schema della novazione oggettiva per inquadrare l'ipotesi del venditore che si impegna ad eliminare i vizi che rendano la cosa inidonea all'uso cui è destinata (ovvero ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore economico), richiede un accordo delle parti inteso a conseguire l'effetto estintivo-novativo dell'originaria obbligazione di garanzia. Qui la novazione non è un effetto automatico dell'impegno, quanto piuttosto una conseguenza dell'accordo (espressione dell'autonomia negoziale) delle parti (significativo dell'animus novandi).

14.1. Negli altri casi l'espressione «novazione» e usata in senso atecnico, dato che la giurisprudenza, posta di fronte al quesito relativo alle conseguenze della mancata realizzazione del risultato cui il venditore si era impegnato - cioè l'eliminazione dei vizi - non esita ad affermare che «ove gli interventi riparatori del venditore... restino senza esito, ovvero... abbiano un effetto inidoneo ad eliminare il sopravvenuto squilibrio fra le prestazioni delle parti, l'acquirente conserva il diritto di chiedere la risoluzione del negozio traslativo» (Cass. 27/11/1985, n. 5889). L'uso atecnico del termine novazione è evidente, atteso che è sufficiente l'inattuazione del nuovo obbligo per far rivivere ciò che c'era prima, cioè la garanzia.

15. La dottrina che nega che l'impegno del venditore costituisca vera e propria obbligazione autonoma - ritenendo l'impegno di eliminare i vizi un momento della fase attuativa della vendita, nel senso che esso e semplicemente preordinato alla realizzazione dell'operazione economica originariamente divisata dalle parti - esclude in radice l'esistenza di un fenomeno novativo, atteso che nella novazione il nuovo obbligo è del tutto autonomo dal vecchio.

15.1. Parimenti resta fuori discussione che si possa parlare di fenomeno novativo in relazione a quelle teorie che fondano la natura delle garanzie edilizie su basi diverse dall'inadempimento di un'obbligazione: ciò per l'evidente assenza di un elemento essenziale della fattispecie novativa, cioè l'obbligazione da novare.

15.2. Ma ad analogo risultato si perviene ove si collochino le garanzie edilizie nell'ambito dell'inadempimento dell'obbligazione di far acquistare utilmente la proprietà della cosa (ovvero nell'ambito della c.d. violazione dell'obbligo traslativo). Non può, infatti, sfuggire come in tal caso l'impegno del venditore a riparare la cosa viziata non abbia affatto valore novativo della precedente obbligazione, ma attuativo della stessa, nel senso che esso è esclusivamente preordinato ad attuare il risultato economico che il compratore si prefigurava di ottenere dal contratto di compravendita.

15.3. In realtà l'impegno del venditore non rappresenta un quid novi con effetto estintivo-modificativo della garanzia, ma semplicemente un quid pluris che serve ad ampliarne le modalità di attuazione, nel senso di consentire al compratore di essere svincolato dalle condizioni e dai termini di cui d'art. 1495 C.C., particolarmente brevi, come la prescrizione annuale, rispetto a quella decennale.

15.4. Si tratta di assegnare un significato, ai fini dell'esercizio delle azioni edilizie e del relativo termine prescrizionale, alla circostanza che fra le parti è in corso, per l'impegno assunto dal venditore, un tentativo di far ottenere al compratore il risultato che egli aveva il diritto di conseguire fin dalla conclusione del contratto di compravendita. E altro significato non può essere che quello di svincolare il compratore dai termini e condizioni per l'esercizio delle azioni edilizie, atteso che queste non vengono da lui esercitate in pendenza degli interventi del venditore finalizzati all'eliminazione dei vizi redibitori, al fine di evitare di frapporre ostacoli, secondo la regola della correttezza (art. 1175 C.C.), alla realizzazione della prestazione cui il venditore è tenuto.

16. Avuto riguardo alle considerazioni svolte e ai principi espressi, risolvendo il prospettato contrasto giurisprudenziale, queste Sezioni Unite ritengono che l'impegno del venditore di eliminare i vizi che rendano la cosa inidonea all'uso cui è destinata (ovvero ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore economico) di per sé non dà vita ad una nuova obbligazione estintiva-sostitutiva (novazione oggettiva: art. 1230 C.C.) dell'originaria obbligazione di garanzia (art. 1490 C.C.), ma consente al compratore di essere svincolato dai termini di decadenza e dalle condizioni di cui all'art. 1495 C.C., ai fini dell'esercizio delle azioni edilizie (risoluzione del contratto o riduzione del prezzo) previste in suo favore (art. 1492 C.C.), sostanziandosi tale impegno in un riconoscimento del debito, interruttivo della prescrizione (art. 2944 C.C.). Solo in presenza di un accordo delle parti (espresso o per facta concludentia), il cui accertamento i riservato al giudice di merito, inteso ad estinguere l'originaria obbligazione di garanzia e a sostituirla con una nuova per oggetto o titolo, l'impegno del venditore di eliminare i vizi dà luogo ad una novazione oggettiva.

17. Il principio comporta il rigetto dei primi due motivi di ricorso, atteso che la corte d'appello, con motivazione congrua ed idonea, ha escluso che le parti avessero introdotto nel regime negoziale mutamenti dell'oggetto o del titolo dell'obbligazione con la volontà di porre in essere la sostituzione di un nuovo rapporto a quello originario in base all'impegno assunto dal venditore di eliminare i vizi dei beni consegnati; onde, vigendo la garanzia, legittimamente ha ritenuto che il compratore poteva esperire l'actio quanti minoris (art. 1492 C.C.), svincolato dai termini e condizioni di cui all'art. 1495 C.C.

18. Il terzo motivo non ha pregio e la ricorrente non ha interesse a dedurre la censura, giacché, indipendentemente dal fatto che si fosse formato o meno il giudicato in ordine alla ammissibilità della domanda di riduzione del prezzo, la corte di merito ha comunque esaminato la questione ed ha ritenuto, per le ragioni sopra esposte, che era ammissibile l'actio quanti minoris.

19. In base alle considerazioni svolte, il ricorso va, quindi, rigettato. Ricorrono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.
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