LA CANDIDATURA VERONESI E LA MILANO DA BERE

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INES TABUSSO
00giovedì 22 settembre 2005 15:54
CORRIERE DELLA SERA
22 settembre 2005

Attacchi al possibile candidato sindaco per il sostegno di Tognoli e Pillitteri
«Con lui la Milano da bere» Da sinistra colpi a Veronesi
L?oncologo difende la sua identità laica e riformista

«Potevamo fare a meno di questi dieci anni di lotta per la buona politica!
I craxiani hanno già messo il cappello sulla prossima legislatura. Chi dopo
il Caf sperava in un cambiamento ora dovrà scegliere se morire con Berlusconi
o con un berluschino, in ogni caso con un craxiano...». Era il 2 maggio del
2000, e il senatore dell?Ulivo Antonio Di Pietro motivava la sua sfiducia
a Giuliano Amato con i trascorsi socialisti del neopremier. Aprendo la strada
a una lunga serie di recriminazioni durata nove mesi, fino a quando il dottor
Sottile, stuzzicato da più parti, rinunciò a ricandidarsi a Palazzo Chigi.

Ora, è bastato che Umberto Veronesi non escludesse l?ipotesi di candidarsi
a Palazzo Marino, che subito i censori antisocialisti hanno preso a mugugnare.
«Tornano i socialisti della Milano da bere. Tognoli e Pillitteri con una
lista per appoggiare Veronesi» titolava ieri l?Unità. Per un D?Alema e un
Fassino che si proclamano entusiasti, ecco Milly Moratti e Nando Dalla Chiesa,
cattolici e comunisti che si dicono perplessi. Certo, nessuno ha potuto collegare
il più noto oncologo d?Europa a Tangentopoli, e neppure alla corte craxiana;
quando la polemica affiorò per la prima volta, dopo il suo ingresso proprio
nel governo Amato come ministro della Sanità al posto di Rosy Bindi, Veronesi
obiettò che all?assemblea nazionale del Psi - nota per la battuta di Formica
su «nani e ballerine» ma che accanto a Sandra Milo contava alcuni tra i più
importanti intellettuali italiani, da Federico Fellini a Mario Soldati -
era andato una volta sola, e ne era rimasto infastidito «come pure Marisa
Bellisario» dall?atmosfera non esattamente critica verso il capo. A Craxi,
poi, Veronesi ha detto soprattutto dei no: quando gli fu chiesto per due
volte di diventare ministro della Sanità, e poi di succedere a Tognoli come
sindaco di Milano. Ma neppure le sue credenziali bastano ai neomoralisti.

Di Pietro non si lascia sfuggire l?occasione. Non osa dire no al candidato
che ha più chances di strappare Palazzo Marino al centrodestra. Ma obietta
che insomma Milano offre tante risorse, non sarebbero meglio delle belle
primarie, come quelle nazionali cui si è appena candidato lui? Milly Moratti
dice che certo è bello si facciano avanti grandi nomi, ma sarebbe ancora
più bello che i grandi nomi ne attirassero altri ancora più grandi. Nando
Dalla Chiesa premette di non avere nulla di personale contro il professore,
ma definisce la sua candidatura «un colpo di mano», evoca «il conflitto di
interessi», sostiene che Veronesi «ha costruito le sue possibilità di fare
del bene tessendo una rete di sostegni e riconoscimenti nei confronti del
governo regionale e ne ha bisogno per lo svolgimento efficiente della sua
meritoria attività», insomma non può litigare ogni giorno con Formigoni,
e a chi gli ricorda che per giunta va per gli ottant?anni risponde con eleganza
che in effetti il tempo passa per tutti, «Pertini divenne presidente della
Repubblica a 82 anni ma l?attività del presidente è un?altra cosa, fare il
sindaco di Milano richiede un impegno continuo, anche 14 e 15 ore al giorno...».

Veronesi, noto perdigiorno, per ora non replica. Chi gli rinfaccia le cliniche
private. Chi, come Ombretta Fumagalli Carulli, evoca il malcontento dei cattolici
per la sua posizione a favore del referendum sulla fecondazione assistita.
Nelle conversazioni private, il professore ha ricordato che lui non ha ancora
sciolto la riserva sulla sua candidatura. Che quella presentata come un?intervista
alla Prealpina era un colloquio informale con un giornalista marito di una
sua paziente, in cui aveva espresso tra l?altro giudizi non negativi su Formigoni
e Albertini che però non possono essere confusi con dichiarazioni di fede
politica («come si può pensare che possa essere candidato dell?Unione uno
che elogia la politica di Formigoni e Albertini, di Maroni e del ministro
Storace!» si è indignato Vladimiro Merlin, coordinatore milanese di Rifondazione).
Quanto all?evocazione della Milano da bere, la città che Veronesi conosce
meglio è quella della sofferenza, della malattia, della speranza. A chi gli
ha parlato ieri, il professore ha spiegato che non può certo rinnegare a
ottant?anni la sua vita pubblica, né i suoi valori laici, riformisti, socialisti,
e neppure le battaglie combattute da ministro: la legge per alleviare il
dolore ai malati terminali, quella contro il fumo, le aperture in tema di
droghe leggere ed eutanasia (questione che Veronesi invita a inquadrare nel
contesto medico, in quanto «il malato non desidera morire ma guarire», e
alleviarne le sofferenze significa risolvere «il 90 per cento dei problemi»),
e anche il suo impegno per il referendum. Se poi - è il ragionamento - qualche
antico nome del Psi tenta di trovare spazio nell?operazione che potrebbe
portare dopo tredici anni all?alternanza a Palazzo Marino, questo può essere
giudicato in vari modi, con interesse o con ironia; certo non giustifica
l?evocazione dei fantasmi o delle luminarie degli Anni Ottanta.

Aldo Cazzullo

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