LA TERRA DEL DUCA..

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Hosmantus
00lunedì 1 maggio 2006 21:14

FEDERICO DA MONTEFELTRO

Ciascun Duca sceglie un centro de "La Terra" come sua città ideale. E' il trasferimento, nella realtà, di quello che si crede un sogno del Rinascimento e che, invece, diventa progetto attuabile. Così Federico da Montefeltro sceglie Urbino e Gubbio; Guidubaldo I da Montefeltro Gubbio e Fossombrone; Francesco Maria I Della Rovere Pesaro; Guidubaldo II Della Rovere Senigallia e Francesco Maria II Della Rovere Urbania. Queste città vengono arricchite di straordinarie opere d'arte e, a volte, completamente ricostruite per legare ad esse la memoria dei committenti, secondo i dettami di quel "mito della gloria", così caro agli uomini del Rinascimento.

La Signoria dei Montefeltro e dei Della Rovere governa lo Stato di Urbino dal 1375 al 1631. Cinque sono i Signori Montefeltro (Antonio, Guidantonio, Oddantonio, Federico, Guidubaldo I) ai quali succedono, a partire dal 1508, quattro Signori della Famiglia roveresca (Francesco Maria I, Guidubaldo II, Francesco Maria II). Tutti sono Vicari di Santa Romana Chiesa, tutti Capitani di ventura. Interessante è il governo delle Duchesse che reggono lo Stato con pieni poteri, durante le lunghe assenze dei mariti.

Urbino è la capitale dello Stato, come dimostra lo splendido Palazzo ducale, voluto da Federico da Montefeltro (1422-1482). Egli affida la sua costruzione ai più celebri architetti del XV secolo (Gentile Veterani, Leon Battista Alberti, Luciano Laurana e Francesco di Giorgio Martini) perché diventi residenza della corte e simbolo del potere. Cuore del Palazzo è lo Studiolo di Federico, a tarsíe lignee, nel quale è possibile "leggere" alcuni dei temi portanti del Rinascimento.


Oggi il Palazzo ospita la Galleria nazionale delle Marche, ricca di numerose opere d'arte. Due (La Muta e la Santa Caterina d'Alessandria) sono opera del figlio più illustre di Urbino: Raffaello Sanzio.



Il ruolo di capitale culturale dell' Umanesimo si perpetua, oggi, nella celebre Università urbinate, dotata di undici Facoltà e di numerosissimi Corsi di laurea.


Una stagione frutto dell'incontro di tante personalità geniali, attratte dal mecenatismo di Federico e dalla fama della sua corte: Gentile Veterani, Giorgio da Sebenico, Luciano Laurana, Leon Battista Alberti, Francesco di Giorgio Martini, Donato Bramante tra gli architetti; Piero della Francesca, Pedro Berruguete, Giusto di Gand e Paolo Uccello tra i pittori.



È difficile immaginare a pieno la funzione del Palazzo: residenza dei signori, ma anche centro politico, burocratico, amministrativo; sede della splendida biblioteca, aperta al pubblico, con le grandi porte spalancate ad accogliere chiunque voglia udienza, ma anche "scuola di guerra" alla quale accorrono tanti giovani della nobiltà italiana.

Una costruzione che trasforma la città in un enorme cantiere, nei decenni della sua realizzazione, dando lavoro, promuovendo l'artigianato, offrendo un'immagine di cultura viva e visivamente accessibile a chiunque.

Certo, il Palazzo parla ai contemporanei un linguaggio che, oggi, non è sempre facile decodificare: con i suoi stemmi, con i suoi simboli, con la disposizione stessa degli

ambienti. Lo splendido Scalone d'accesso narra di parametri rivoluzionari rispetto al passato: la nuova misura è l'uomo, il suo vivere bene e comodamente è al centro di tutti i progetti, compresi quelli architettonici. L'ampio Salone del trono, le Stanze degli

appartamenti del duca e della duchessa hanno finestre che si aprono sugli splendidi scorci delle dolci colline urbinati o sono rivolte alla piazza, luogo di incontro e di passeggio.
STUDIOLO DI FEDERICO
Gli ambienti sono abilmente disposti secondo la luce: così, quella da Nord rende meno imponenti le strutture della Sala del trono e quella da Mezzogiorno esalta la bellezza del Camino degli angeli, in cui le giocose figure in oro, azzurro (colori araldici dei Montefeltro) e bianco di Cosimo Rosselli, sembrano quasi prendere vita.

Il cuore del Palazzo è lo Studiolo a tarsíe lignee del duca Federico, realizzato probabilmente da Baccio Pontelli, su disegni di Sandro Botticelli (le virtù teologali) e, forse, di Francesco di Giorgio Martini.

Le immagini prospettiche di una realtà virtuale tramandano tanta parte della cultura umanistica, con il senso nuovo della vita bella, ma destinata a finire troppo presto.

Lo strumento musicale con una corda rotta, poggiato su una mensola che esiste solo per il gioco della prospettiva, ricorda come anche le cose più belle abbiano questa sorte. Visitandolo, ci si trova in un ambiente "vissuto", con i libri che sembrano appena sfogliati, con gli sportelli dell'arredamento che paiono illusoriamente lasciati aperti a testimoniare la presenza costante del duca, invece troppo spesso lontano, ed anche a rivelare i suoi interessi letterari, musicali, scientifici. In quel luogo continuano a parlare, con un linguaggio universale ed immortale, i ventotto uomini illustri che Federico vuole in immagine, quasi per stabilire con loro un dialogo ideale. E, ancora, i due Tempietti del Palazzo, l'uno dedicato alle Muse e l'altro a Dio (Cappellina del Perdono), dicono di un tempo nel quale l'arte avvicina a Dio in una continua tensione ideale tra umano e divino.






Hosmantus
00lunedì 1 maggio 2006 21:20
a misura d'uomo..Urbino
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