Le pietre del Dott. Cabrera; le lampade de Dendera; il computer di Antikythera...

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Nina@
00venerdì 13 agosto 2004 01:30
LE INCREDIBILI PIETRE DEL DOTTOR CABRERA

Una "capsula temporale" di immagini, unica, si trova ad Ica, Perù. Ventimila pietre e tavolette decorate con un grande assortimento di immagini, alcune delle quali fuori luogo e anacronistiche. Il proprietario è il fisico, archeologo dilettante e geologo dottor Javier Cabrera Darquea. La maggior parte del materiale impiegato è andesite grigia, di matrice granitica, semi cristallina, molto dura, difficile da incidere. La gente della regione è solita rinvenire tali pietre da secoli, sin dal 1500. Sulle pietre sono raffigurate scene di chirurgia e pratiche mediche molto sofisticate, in alcuni casi molto più avanzate dei giorni nostri: sono rappresentati tagli cesarei, trasfusioni di sangue, l’agopuntura come anestetico, delicate operazioni ai polmoni o ai reni e la rimozione di tumori. Ci sono anche immagini dettagliate di operazioni a cuore aperto o al cervello, e pietre che descrivono un trapianto di cuore seguendone tutta la procedura. Alcuni dottori hanno verificato che nelle pietre viene mostrato perfino un trapianto di cervello, a dimostrare che i chirurghi della preistoria erano di gran lunga più avanzati di noi in fatto di medicina.




LE LAMPADE DI DENDERA

In diversi luoghi all’interno del tempio tardo Tolemaico di Hathor a Dendera, in Egitto, strani bassorilievi sulle pareti intrigano da anni gli studiosi. Difficile, infatti, per loro spiegarne la natura, sulla scorta di temi mitico-religiosi tradizionali, ma nuove e più moderne interpretazioni ci giungono dal campo dell’ingegneria elettronica. In una camera, il numero 17, il pannello superiore, mostra alcuni sacerdoti egiziani che fanno funzionare quelli che appaiono come tubi oblunghi che compiono diverse funzioni specifiche. Ogni tubo ha all’interno un serpente che si estende per tutta la sua lunghezza. L’ingegnere svedese Henry Kjellson, nel suo libro "Forvunen Teknik" (tecnologia scomparsa) fece notare che nei geroglifici quei serpenti sono descritti come "seref", che significa illuminare, e ritiene che si riferisca a qualche forma di corrente elettrica. Nella scena, all’estrema destra, appare una scatola sulla quale siede un’immagine del Dio egiziano Atum-Ra, che identifica la scatola quale fonte di energia. Attaccato alla scatola c’è un cavo intrecciato che l’ingegner Alfred D. Bielek identifica come una copia esatta delle illustrazioni odierne che rappresentano un fascio di fili elettrici. I cavi partono dalla scatola e corrono su tutto il pavimento, arrivando alle basi degli oggetti tubolari, ciascuno dei quali poggia su un sostegno chiamato "djed" (lo Zed) che Bielek identificò con un isolatore ad alto voltaggio. Ulteriori immagini trovate all’interno della cripta mostrano quelle che potrebbero essere altre applicazioni del congegno: sui bassorilievi si vedono uomini e donne assisi sotto i tubi, come in una postura per creare una modalità ricettiva. Che tipo di trattamento irradiante vi si stava svolgendo?

IL COMPUTER DI ANTIKYTHERA

Pochi giorni prima della domenica di Pasqua del 1900 alcuni subacquei greci della piccola isola di Antikythera scoprirono il relitto di un’antica nave piena di statue di marmo e bronzo e artefatti vari, datati tra l’85 e il 50 a.C. Tra i reperti spiccava un frammento informe di bronzo corroso e legno marcio che fu mandato insieme agli altri oggetti al museo nazionale di Atene per ulteriori studi. I frammenti di legno, nell’asciugarsi si spaccarono, rivelando al loro interno lo schema di una serie di ingranaggi simili a quelli di un moderno orologio. Nel 1958 il dottor Derek J. De Solla Price riuscì a ricostruire con successo l’aspetto e l’impiego della macchina. Il sistema di rotelle calcolava i movimenti annuali del sole e della luna e si poteva muovere facilmente da dietro a qualsiasi velocità. L’apparecchio quindi non era un orologio, ma più verosimilmente una sorta di calcolatore, che poteva mostrare le posizioni passate, presenti e future del cielo.




CHI HA SPARATO ALL'UOMO DI NEANDERTHAL?

Nel museo di Storia Naturale di Londra si trova un teschio datato circa 38.000 anni fa, era paleolitica, rinvenuto in Zambia nel 1921. Sulla parete sinistra del teschio c’è un foro perfettamente rotondo. Stranamente non ci sono linee radiali attorno al foro o altri segni che indichino che il foro sarebbe stato prodotto da un’arma, una freccia o una lancia. Nella parete opposta al foro, il teschio è spaccato e la ricostruzione dei frammenti mostra che il reperto è stato rotto dall’interno verso l’esterno, come si fosse trattato di un colpo di fucile. Esperti forensi dichiarano che non può essere stato nulla di diverso da un colpo esploso ad alta velocità con l’intenzione di uccidere. Chi possedeva un fucile 38.000 anni fa? Certamente non l’uomo delle caverne, ma forse una razza più avanzata e civilizzata.



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