Madrid: Io non copio, rubo Picasso al Prado

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vanni-merlin
00lunedì 19 giugno 2006 19:43
MADRID
Io non copio, rubo Picasso al Prado

di Marco Vallora

Già te ne vieni, nei succosi corridoi del Prado, lasciandoti dietro una trascinante scia profumata di van der Weiden- Bermejo-Bellini-Mantegna-Tiziano (la pittura italiana essendo sempre in prima pagina, nel museo madrileno) ma quando penetri in questa sorta di sancta sanctorum provvisorio, nel salone centrale, trasformato in mostra, tac! qualcosa di magnetico scatta, come una pallina impazzita di flipper, che rimbalza tra le tele, senza arrestarsi mai: e la tensione sale, vincendo. Rimbalza, saltando dalla sontuosa e stranita Deposizione di El Greco (uno dei Grandi Rimossi della pittura, che in quegli anni di passaggio del secolo Picasso collaborò a riscoprire, insieme a pensatori come Gomez de la Serna e Ortega) sino alla sua celebre Vida, del periodo rosa oppure il Chico nudo con cavallo, del periodo poverista di Gosòl, tele che non han nulla di direttemente, di testualmente theotocopulesco.

Eppure respirano proprio quel mondo manierista, e han succiato, come pochi altri, da quella poppa picara. Qui è l'atmosfera, un'aura di classico, che circola, che serpeggia e non qualcosa di testuale. Ma la mostra, pensata da Calvo Serraller, funziona proprio così, per le libere associazioni che si disegnano e riverberano di tela in tela, dall'adorato Poussin (che da studente, il malagueno considerava il maestro di tutti) a Velazquez, Zurbaran, Goya. «Picasso, Tradizione e Avanguardia », il titolo ragionevole della parata, che permette a Picasso, finalmente, d'entrare, con timpani e trombe, al Prado.

Per la prima volta, fisicamente, nel 125° della nascita. Anche se durante la Repubblica fu nominato ad honorem direttore dell'Istituzione e proprio perché quando, 25 anni fa, dopo il franchismo, sbarcò per la prima volta in Spagna Guernica (che si guadagna un'altra magnifica mostra, parallela, al Reina Sofia) per molti motivi la tela faraonica fu posta precauzionalmente al Casòn del Buon Retiro. Fuori dal Museo stesso, tra gli straniti occupanti di quel pensionato di lusso, i suoi coevi scavalcati, gli Zuloaga, i Ramon Casas, gli Anglada. Ma Picasso, si sa, è altra cosa: è un meteorite caduto dal mondo rumoroso dell'impensabile. E' davvero transtorico, più che non essere un semplicemoderno (parola che, snobisticamente, ovviamente, detestava: «E che mai vuol dire. Sì è sempre moderni, quando si è nel presente. E anche nel passato».

Fregati, tutti, i maestrini del Moderno ad ogni costo). Fece poco, per il Prado, perché era lontanissimo dalla passione antiquariale e filologica e burocratica. Lui stesso lo sintetizzava, con la celebre boutade, verissima: «io non copio, rubo». Prelevando interi pezzi della Storia, facendoli a brano, deglutendo maleducato e vorace i suoi pur amati predecessori, ma mai dedicandosi, diligente, a «salvare» il passato. Ad aiutarlo. Anzi, lo digeriva, come Cronos: mangiava i suoi vecchi & i suoi figli, li sbranava con voluttà ed allegria (come quando mette il papa-voyeur sotto il letto di Raffaello, per spiare eccitato in che modo conciasse eroticamente per le feste la promiscua Fornarina). Li cospargeva di pepe e di spezie, i suoi Maestri, li nobilitava con posticci e parrucche, innervandoli di veleni, trappole, petardi.

Picasso è l'artista emblematico dei d'après, che è qualcosa di diverso dalla citazione o dall' omaggio: lo si intuisce benissimo quando si giunge nella sala clou, emozione unica, mette in dialogo per la prima volta e fornicazione provvisoria, le insuperabili Meninas del rivaleggiante Velazquez, (appese al loro solito sito centrale) con un esempio illuminante di quanto alla Meninas egli è riuscito a fare - strafottente pedofilo pittorico. Strapazzandole, masturbandole, eccitandole, violentandole, facendole esplodere e divertendole (al di là di tutta quell'atmosfera plumbea e polverosa, che scende, nebbia dei musei).

Ma Picasso non è uno dei soliti insultatori da manifesto futurista: incendiamo i musei, bruciamo la Nike, portiamo gli orinatoi in pinacoteca: no! No, lui pasticcia ancora coi colori, crea a partire dalla muffamai vilipesa dei musei, ruba, appunto, per portare nuova linfa e mai imbalsamare la storia febbrile e feconda dell'arte. Einsegna a «leggerli» i maestri: per esempio, quanti dettagli ti conduce qui a scoprire. Nell'ultima sala, un prodigio: Picasso dialoga ancora con il Greco del Cavaliere con spada, ma la firma del suo «autoritratto da» ci fa capire che la miglior definizione, ancora una volta, l'ha trovata lui, splendido copyright della sua arte: «Domenicos Theotocopoulos van Rijn da Silva». Picasso e tutti i nomi della storia. Pablo Rembrandt El Greco Velázquez.


Picasso. Tradición y Vanguardia
Madrid. Museo del Prado
Orario: 9-20. Chiuso lunedì
Fino al 3 settembre


(fonte: Tutto Libri in edicola sabato 17/06/06)

da: www.lastampa.it/cmstp/rubriche/girata.asp?ID_blog=62&ID_articolo=180&ID_sezione=120&sezione=Mostra+della+s...

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