RIFORMA GIUSTIZIA IN SENATO: DI PIETRO SCRIVE A PRODI

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INES TABUSSO
00giovedì 5 luglio 2007 01:02
Riforma giustizia in Senato, Di Pietro scrive a Prodi
mercoledì, 4 luglio 2007 7.27
di Massimiliano Di Giorgio

ROMA (Reuters) - Il partito del ministro delle Infrastrutture ed ex pm di "Mani Pulite" Antonio Di Pietro, che anche oggi è tornato a contestare il testo di riforma dell'ordinamento giudiziario giunto in aula al Senato, ha presentato questo pomeriggio una serie di emendamenti con l'obiettivo di modificare le parti del ddl che non piacciono al "sindacato" delle toghe.

"L'Italia dei Valori rende noto che, da pochi minuti sono stati presentati gli emendamenti all'Articolo 2 e all'Articolo 6 del disegno di legge A.S. 1447 - A recante 'modifiche alle norme sull'ordinamento giudiziario'", ha annunciato in un comunicato Nello Formisano, capogruppo dei dipietristi a Palazzo Madama, con una mossa che rischia di far salire la tensione nel centrosinistra.

I capigruppo del Senato avevano deciso ieri la data limite del 14 luglio per far esaminare dall'aula la riforma della legge Castelli - approvata dalla maggioranza di centrodestra nella scorsa legislatura - prima del rinvio alla Camera.

Il 31 luglio scade infatti il "congelamento" deciso dal governo nell'autunno scorso delle norme contenute nella Castelli, e l'obiettivo dell'Unione è in teoria quello di approvare la nuova legge prima.

Ma il testo uscito dalla commissione Giustizia del Senato, che ha modificato diversi punti del ddl presentato nei mesi scorsi dal ministro della Giustizia Clemente Mastella, non piace ai magistrati, né agli avvocati - anche se per ragioni opposte - e ha provocato la contestazione di Di Pietro.

Questa mattina il testo ha superato la prima verifica in aula, quella delle pregiudiziali avanzate dall'opposizione di centrodestra, tutte bocciate dalla maggioranza. Ma mentre i senatori discutevano, Di Pietro inviava una lettera al premier Romano Prodi e allo stesso Mastella, chiedendo di modificare il ddl, perché "presenta vistosi elementi di forte perplessità che, alterando sensibilmente l'assetto delle questioni come deliberate dal Consiglio dei Ministri, ne minano pericolosamente la stessa legittimità".

La richiesta, insomma, era quella che il governo presentasse una serie di emendamenti in aula per correggere il testo in corsa.

IL "PUNTO DI EQUILIBRIO"

Non che Mastella sia apparso soddisfatto delle modifiche apportate a Palazzo Madama al suo testo, come ha spiegato oggi in un comunicato, ricordando che la sua proposta originaria aveva ricevuto anche qualche plauso dai magistrati.

In una nota, infatti, il ministero di via Arenula ha affermato che le critiche dell'Anm, la cui giunta si è dimessa ieri per protesta contro il ddl, riguardano "non già l'azione del governo, e quindi il testo del ministro Mastella, ma il ddl così come elaborato e licenziato dalla Commissione Giustizia del Senato".

Mastella ha invocato però al tempo stesso il realismo politico, spiegando che l'attuale ddl "rappresenta l'unico punto di equilibrio possibile oggi in Parlamento", per colpa anche "dei numeri parlamentari molto precari" della maggioranza, in particolare al Senato.

La riforma odierna modifica numerosi punti della legge Castelli. Tra gli altri, il concorso di accesso in magistratura, le valutazioni periodiche di professionalità dei magistrati, i passaggi dalle funzioni requirenti a quelle giudicanti e viceversa, la Scuola della Magistratura, la composizione del Consiglio superiore della magistratura.

Uno dei punti più controversi della riforma è la questione della separazione delle funzioni. Le toghe dell'Anm contestano le modifiche apportate alla prima versione del ddl, affermando che è stato reso più rigido il passaggio da pubblico ministero a magistrato giudicante (e viceversa), anche se il testo della maggioranza ribadisce l'unicità della magistratura. Ad esempio, il nuovo testo prevede l'obbligo, per il magistrato che cambi funzione, di trasferirsi in un'altra regione.

Altri punti contestati, la prevista abolizione del controllo del Csm sui criteri organizzativi adottati nelle singole Procure e la partecipazione di un rappresentante degli avvocati ai consigli giudiziari in tema di valutazione sulla professionalità dei magistrati.

E sono proprio questi i punti, del resto, che Di Pietro richiamava oggi nella lettera e che intende correggere la serie di emendamenti presentata dai senatori dell'Idv.

Il segretario dell'Anm Nello Rossi, in un comunicato, sembra schierarsi accanto a Di Pietro, chiedendo che il provvedimento venga modificato in aula: "Il nostro augurio è... che i lavori parlamentari d'aula possano modificare alcune scelte della Commissione giustizia e fornire risposte positive alle questioni che abbiamo posto".

L'Associazione nazionale magistrati sembra comunque divisa all'interno, scrivono oggi i media, almeno sulle reazioni alla riforma.

La corrente di destra dell'Anm, Magistratura indipendente, preme per uno sciopero immediato delle toghe, mentre i centristi di Unicost e Magistratura democratica, la corrente tradizionalmente vicina alla sinistra, preferiscono aspettare l'evoluzione del dibattito parlamentare.

Gli avvocati dell'Unione delle Camere Penali Italiane, che sostengono invece il principio di separazione delle carriere dei magistrati e della terzietà dei giudici, sono in sciopero da ieri contro il ddl Mastella e protestano contro "la deriva burocratica e autoritaria dell'ordinamento giudiziario".


© Reuters 2007. Tutti i diritti assegna a Reuters.




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ANSA 2007-07-04 21:40
SU RIFORMA GIUSTIZIA NUOVO ROUND MASTELLA-DI PIETRO
ROMA, - E' cominciato con un nuovo scambio di colpi tra i ministri Clemente Mastella e Antonio Di Pietro il cammino nell'aula del Senato del ddl di riforma dell'ordinamento giudiziario. Lo scenario - e i tempi stretti per la discussione in Senato e alla Camera da concludere entro il 31 luglio - continua a preoccupare l' Associazione Nazionale Magistrati che rinnova l' invito a "scongiurare l' entrata in vigore della legge Castelli e a ricercare soluzioni positive sui nodi ancora in discussione". Il ministro delle Infrastrutture - che ieri aveva gridato all' inciucio e annunciato che l' Italia dei valori non avrebbe votato l' ultima versione del provvedimento - oggi ha scritto al presidente del Consiglio, a Mastella e al ministro per i Rapporti per il Parlamento Vannino Chiti, chiedendo garanzie di "emendamenti correttivi" a quelle che considera gravi distorsioni ai danni della magistratura.

Il Guardasigilli non ha gradito e ha risposto per le rime: "Di Pietro non è il ministro della Giustizia. Se vogliono lui, si accomodino pure. Non c'é nessuna difficoltà, ma io resto sulla posizione della Commissione. Non cambio idea". L'ex pm del pool Mani Pulite è tornato ala carica con l'arma della lettera criticando tre aspetti del ddl all'esame del Senato: gli 'inopinati' vincoli ai passaggio di funzioni per i magistrati, la presenza degli avvocati nei consigli giudiziari che devono esprimersi sulle carriere delle toghe, e l'organizzazione degli uffici di procura sottratta di fatto alla valutazione degli organi di autogoverno. L'uscita del ministro ha provocato la reazione di Cesare Salvi, presidente della Commissione Giustizia del Senato: "Di Pietro non deve offendere il Parlamento e la sua maggioranza. Non c'é stato alcun inciucio, ma un confronto parlamentare molto serratò. Salvi bacchetta Di Pietro invitandolo a leggersi il ddl perché "nel chiedere tre modifiche ne sbaglia due": gli avvocati non sono più inseriti nei consigli giudiziari e la questione degli uffici di procura è stata stralciata.

Di Pietro ha rincarato la dose: "Il governo ha il dovere di lasciar lavorare i magistrati e mi dispiace, invece, di essere stato lasciato da solo nel difenderli", dice riferendosi alla presa di posizione del Csm sui magistrati spiati e sull'attività dei servizi segreti. Palazzo Madama oggi ha bocciato le pregiudiziali di incostituzionalità presentate dalla Cdl, ma la discussione non si annuncia facile. Mastella parla di "un buon inizio" e ricorda all'Anm che il suo testo - che aveva riscosso il parere complessivamente positivo della magistratura - ha subito modifiche passando al vaglio della Commissione del Senato. Il sindacato delle toghe riconosce che il progetto del ministro era "condivisibile ma non privo di criticità", ma sottolinea che la Commissione Giustizia lo ha "peggiorato su questioni decisive". Renato Schifani, capogruppo di Forza Italia, ribadisce il voto contrario ma sottolinea che "quella dell'Anm é una ingerenza che va censurata con fermezza. Le prerogative e le competenze del Parlamento non possono essere messe in discussione". Altero Matteoli, capogruppo di An, stigmatizza "lo scontro al calor bianco che si rinnova tra i due ministri con visioni diverse e contrastanti" su una materia così delicata come la Giustizia ma chiede al Presidente del Consiglio di chiarire su quale testo il Senato è chiamato ad esprimersi: 'quello uscito dalla Commissione e fatto proprio da Mastella o ce n'é uno surrettizio pronto a uscire fuori all' ultimo momento utile?".







[Modificato da INES TABUSSO 05/07/2007 1.04]

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