Renoir, il raffaellesco

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vanni-merlin
00sabato 8 marzo 2008 18:10
Renoir, il raffaellesco

A Roma, al Complesso del Vittoriano, una grande mostra indaga la svolta classicista di Renoir ispirata dal viaggio in Italia compiuto nel 1881. Oltre 130 opere, tra oli, disegni e sculture, rivelano la sua passione per Raffaello


di LAURA LARCAN


ROMA - Troppo complicato. La pittura all'aperto diventa un compromesso con se stesso troppo alto. "Avevo spremuto l'impressionismo quanto più potevo ed ero giunto alla conclusione che non sapevo né disegnare né dipingere. In una parola, l'impressionismo era, per quanto mi riguardava, un vicolo cieco". Una frase spiazzante, quasi a rinnegare un vecchio amico d'infanzia, quella autentica di Pierre-Auguste Renoir che descrive il proprio stato d'animo all'inizio degli anni '80 dell'Ottocento, alla vigilia di un trasfigurante viaggio in Italia, che si consumerà tra l'ottobre del 1881 e il gennaio del 1882, quando il pittore francese, che all'epoca aveva quarant'anni, attraverserà il Bel Paese toccando Venezia, passando probabilmente per Padova, Firenze e Roma, giungendo alla fine di novembre a Napoli per poi spostarsi in Calabria e a Capri, fino a Palermo con la sua Monreale, e ritornare nel golfo di Napoli. Un'esperienza che lo stimolerà a riflettere e a ripensare il proprio stile, alla luce degli importanti esempi della tradizione classica e dell'arte italiana, primo fra tutti Raffaello. "Raffaello, che non lavorava mai all'aperto, ha tuttavia osservato il sole, poiché i suoi affreschi ne sono pieni", scriveva l'artista a Madame Charpentier.

Un ripensamento che viene raccontato dalla mostra "Renoir. La maturità tra classico e moderno", al Complesso del Vittoriano dall'8 marzo al 29 giugno, attraverso circa 130 opere tra oli, opere su carta e sculture. Un percorso non facile, che punta a indagare il periodo "agro" che all'epoca venne salutato dalla maggioranza della critica come una fase di "smarrimento", tanto che un suo contemporaneo, l'irlandese Gorge Moore, aveva scritto che Renoir, nel giro di due anni, aveva completamente distrutto la splendida arte cui si era dedicato per vent'anni. La mostra vuole dunque ricostruire gli sviluppi stilistici di un artista, considerato sempre come la quintessenza dell'impressionismo, setacciando gli ultimi quarant'anni di attività a partire dal rivoluzionario grand tour dell'Italia, e che confluirà in una maturità funestata da una salute precaria attanagliata dall'artrite che dal 1910 lo costringerà su una sedia a rotelle e le sue mani deformate non riusciranno più a prendere in mano un pennello, che dovrà esservi legato (morirà nel '19).

Anni in cui Renoir preferisce lavorare con più accuratezza il disegno, dosando colori più freddi e stesi, modellando le figure con più precisione nei dettagli, guardando con fervida ammirazione il rigore classicista perché, come scrisse "l'artista che dipinge la natura non cerca altro che effetti momentanei, non si cura di dare una forma artistica all'immagine, e presto i suoi quadri diventano monotoni". Per sfuggire da questa monotonia, Renoir rinnega i principi dell'impressionismo. "Se negli anni '70 dell'Ottocento l'attenzione alla rappresentazione della vita moderna, tipica dell'impressionismo, fu per Renoir una priorità, nel periodo successivo i suoi interessi subirono un mutamento sostanziale. Ancora una volta, allora, vale la pena notare quanto breve sia stata la parentesi impressionista rispetto ai lunghi anni consacrati all'elaborazione di una rappresentazione in chiave moderna dell'eterno e dell'atemporale", sottolinea la curatrice della mostra Kathleen Adler, storica dell'arte e già director of education alla National Gallery.

Tradire Monet per Raffaello è una bella impresa. Che la liaison con l'impressionismo fosse un tassello fondamentale nella vita artistica di Renoir è fuori di dubbio se solo si pensa a quella famigerata estate del 1869 quando Renoir e Monet dipinsero insieme a La Grenouillère, popolare località balneare sulla Senna, dove si recavano nel fine settimana per nuotare, mangiare al ristorante galleggiante sull'isola detta "Camembert" e soprattutto godersi le delizie del passeggio. E furono i loro dipinti, eseguiti en plein air e sur le motif, a compendiare il termine "impressionismo".

Bagnante che si asciuga la gamba destra, 1910. Olio su tela, 84 x 65 cm. San Paolo del Brasile, MASP, Museu de Arte de São Paulo Assis Chateaubriand

Ma la mostra dimentica tutto questo, le varie "colazioni dei canottieri"", i vari "balli al moulin de la Galette", le varie "passeggiate" e i vari "palchi" dove costruiva le figure a colpi di luce trasfigurante, e vuole rivelare il lato classico di Renoir e soprattutto la sua fascinazione per l'opera di Raffaello, tanto amato per gli affreschi alla Farnesina. Insomma, quel breve viaggio spinse Renoir a guardare di nuovo all'arte del passato, dell'antichità classica, filtrata dagli affreschi pompeiani, fino ai più recenti disegni e dipinti di Ingres. Ed è dalle morbide e carnose donne di Raffaello che nascono le Bagnanti di Renoir, tema che diventerà tra i favoriti dell'artista francese, facendone una visione ideale di grandiosità e opulenza, quasi a comporre un pamphlet sulla bellezza della donna e sull'ideale di "eterno femminino".

Lo dimostra un'opera su tutte, la "Bagnante bionda" che "può essere paragonata - avverte la storica dell'arte Maria Teresa Benedetti - alle robuste Veneri di Raffaello e della sua scuola, ammirate dall'artista nella Loggia di Psiche alla Villa Farnesina". Eseguito su un battello nella baia di Napoli in pieno sole, ritrae nuda la seconda moglie Aline Charigot. Anche se i contorni non sono rigidamente lineari, il modellato è, come sempre, ottenuto per mezzo del colore, ci sono i blu delicati e i rossi profondi che suggeriscono le ombre, ma anche i blu puri a scolpire le pieghe dell'asciugamano. La svolta dunque è tutta qui. Renoir cerca la fisicità attraverso un gioco dei colori basato sui contrasti tra toni freddi e scuri. Il suo classicismo personalissimo si traduce in una nettezza di forme abbinata però alla libera contaminazione dei colori. Che orchestra con euforia edulcorata in paesaggi come "La baia di Napoli con il Vesuvio sullo sfondo" del 1881, dallo Sterling and Francine Clark Art Institute di Williamstown, e soprattutto nei ritratti d'atmosfera più borghese come "Fanciulle al piano" del 1889 dal Joslyn Art Museum di Omaha, o nello splendido "Cappello appuntato" del 1892, dalla Fondazione E. G. Bührle di Zurigo, dove addirittura la secchezza del disegno si attenua, trasformandosi in una morbidezza cromatica, che amalgama figura e natura senza più contrapporle.

Notizie utili - "Renoir. La maturità tra classico e moderno", dall'8 marzo al 29 giugno, Complesso del Vittoriano, Via di San Pietro in Carcere. La mostra, organizzata da Comunicare Organizzando, è curata da Kathleen Adler.
Orari: dal lunedì al giovedì 9.30-19.30, venerdì e sabato 9.30-23.30, domenica 9.30-20.30.
Ingresso: € 10.00 intero € 7.50 ridotto.
Informazioni: tel. 06/6780664
Catalogo: Skira.


(4 marzo 2008)


da: www.repubblica.it/2008/03/sezioni/arte/recensioni/renoir-roma/renoir-roma/renoir-r...


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