UN SISTEMA STRABICO (MICHELE AINIS)

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INES TABUSSO
00sabato 24 febbraio 2007 22:13

LA STAMPA
24/2/2007
Un sistema strabico
MICHELE AINIS

Domanda: ma in Italia c’è una regola sulle crisi di governo? Risposta: ce ne sono due, e quindi non ce n’è nessuna. Sicché ciascuno fa come gli pare, tanto trova sempre uno sgabello cui appoggiarsi. Ma qualunque decisione s’espone poi all’accusa d’aver violato l’altra regola, la regola contraria.

Il primo sgabello venne fabbricato dai costituenti, e si conserva ancora intatto fra le stanze della nostra legge fondamentale, dopo molti tentativi andati a vuoto di rovesciarla come un calzino usato. Lì dentro c’è scritto (all’articolo 67) che i parlamentari non rappresentano chi direttamente li ha votati, bensì la nazione nel suo insieme; e infatti l’elettore non dispone d’alcun mandato vincolante nei confronti dell’eletto. Significa che puoi farti candidare da un partito e poi cambiar cavallo durante l’arco della legislatura, che puoi mietere voti per la destra e un minuto dopo l’elezione metterli all'incasso dello schieramento di sinistra, che puoi rimbalzare dall'opposizione alla maggioranza come una pallina da ping pong. C'è scritto inoltre (all’articolo 94) che l'esecutivo non ha un cordone ombelicale che lo lega al popolo votante, bensì al popolo votato; e infatti i governi si fanno e si disfanno in Parlamento. Significa che in ogni legislatura possono alternarsi le facce dei presidenti del Consiglio, pure una volta l'anno: durante la prima Repubblica (ma un po' anche durante la seconda) accadeva con la puntualità di un orologio. C'è scritto infine (all'articolo 92) che il premier non viene scelto dal corpo elettorale, ma in base all'apprezzamento del capo dello Stato. Significa che nel 2006 Napolitano avrebbe ben potuto conferire l'incarico di formare il nuovo gabinetto a persona diversa da Romano Prodi; e che a maggior ragione può farlo in questi giorni. Insomma libertà dei singoli parlamentari, libertà del Parlamento, libertà del Presidente: tre libertà che servono a non ingessare la disputa politica, ad adattarla ai tempi e alle tempeste. Ma la politica ha fabbricato a propria volta un secondo sgabello, che i giuristi chiamano Costituzione «materiale». È quella del maggioritario, dell’indicazione del capo del governo sulla scheda elettorale, del premio in seggi (almeno 340) alla coalizione più votata. Significa che se un senatore zompa da un polo all'altro viola un mandato vincolante. Che la maggioranza uscita dalle urne deve mantenersi inalterata finché dura la legislatura. Che il Capo dello Stato può consegnare le chiavi di Palazzo Chigi solo a chi ha condotto le sue truppe alla vittoria elettorale. Anche perché altrimenti, se l'anno scorso si fossero sfidati per esempio Marini e Berlusconi, l'elettore di Prodi avrebbe potuto preferire viceversa Berlusconi. E d'altra parte, se Prodi continuasse a governare sostituendo qualche pezzo del motore (per esempio i comunisti), a rigor di logica questi ultimi dovrebbero restituire il premio elettorale, e dunque suicidare il proprio scranno in Parlamento.

Questa doppia Costituzione rende il nostro sistema strabico, instabile come un ubriaco, moltiplica le occasioni di litigio, rompe la certezza del diritto. Come coniugare le due regole? Un modo ci sarebbe: sciogliendo il solo Senato. Lo prevede la Costituzione scritta (all'articolo 8[SM=g27989], ma anche quella materiale (è già successo nel 1953 e nel 195[SM=g27989]. Se vince Prodi, avrà un mandato a governare per il resto della legislatura. Se perde, gli elettori avranno scelto la Grande coalizione.

micheleainis@tin.it



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