00 10/06/2006 18:40
CORRIERE DELLA SERA
9 giugno 2006
VISTO DAI SUOI
«Tonino si isola dalle persone serie»

ROMA - Il sottosegretario è impegnato. L’onorevole è riunito. La senatrice sta guidando e «no grazie, non posso rispondere, neanche dopo...». Idv, Italia dei Vaghi. Citi quel Sor Caio De Gregorio er guardiano der pretorio (nome del Foglio ) e fra dipietristi è un taci-taci. Eppure (corsiveggia l’Unità ) «la domanda è: ma Antonio Di Pietro, magistrato simbolo di Mani Pulite, paladino della legalità, fustigatore di saltimbanchi e doppiogiochisti, doveva prendersi proprio uno così?». Per uno che sull’ Unità ci scrive e Di Pietro l’ha votato, Marco Travaglio, la risposta è: «No. Ha fatto una grande vaccata». Sergio De Gregorio, er guardiano dei generali, ostenta una frequentazione antica con Di Pietro: 10 anni fa il pm s’era appena tolto la toga e lui già confidava «lo so, andrà a destra». Le cose andarono diversamente e col centrodestra andò casomai De Gregorio. Che qualche mese fa, già candidato dipietrista, si vantava d’avere collaborato col berlusconiano Gianstefano Frigerio, il tangentista Dc fatto condannare da Di Pietro. «Tra la Menapace e questo personaggio c’è la differenza d’un uccello da un pesce: una vola, l’altro sta sott’acqua», dice Giulietto Chiesa, eurodeputato che si rifiutò di restare nel partito dell’ex pm: «Di Pietro fa operazioni di bassa cucina politica. E candida gente così, che ha le stimmate di Forza Italia». Il primo fu Valerio Carrara, 2001, unico parlamentare eletto: passò subito con Berlusconi. Oggi in cucina, fra 19 ex dc, 11 ex pci, 4 ex Psi, 5 ex verdi, 6 ex missini, 7 ex leghisti, 3 ex repubblicani, 4 ex berlusconiani, un ex casiniano, c’è di che piluccare. In marzo, nelle Marche, Tonino fu inseguito da una folla inferocita per aver candidato un ortolano accusato d’assegni a vuoto. Spiega Federico Orlando, che stava con lui e oggi condirige il giornale della Margherita: «Purtroppo Di Pietro ha il genio dell’isolamento. Fa terra bruciata delle persone serie. Dei 35 parlamentari del ’96 che gli furono vicini nella battaglia per la legalità, non è rimasto nessuno. E in un Paese dove la legalità è stata maltrattata da cinque anni di Berlusconi, lui è riuscito a riempire le sue liste chiudendo, se non due occhi, almeno uno e mezzo». Quanti Valerio Carrara sono tornati in Parlamento? «Non molti - concede Travaglio -, Prodi ha accontentato un po’ tutti e in questo momento solo un pazzo può dare la spallata». De Gregorio ha festeggiato l’elezione al Senato con un faraonico concerto di Peppino Di Capri... «Di Pietro ha posizioni pubbliche condivisibili, ma soffre le persone intelligenti. Anche De Gaulle non era uno colto, ma sapeva circondarsi degli accademici di Francia. Lui si fa scappare i migliori. E in Parlamento porta i De Gregorio».
Francesco Battistini



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Disinvolti, furbi e spesso tentati dal ribaltone
I professionisti del Centro da Catone a Cuffaro

ROMA - Questo centro, questi centristi, questi moderati che dovrebbero essere rassicuranti, che cercano di essere rassicuranti e che poi invece intrallazzano, brigano, organizzano ribaltoni. Questi tipi alla Sergio De Gregorio. Che quando li vai a incontrare, metti il piede in una palude. Allora chiami l’archivio, chiedi una ricerca, gli dai sei, sette dei loro famigerati nomi, e sulla scrivania ti ritrovi chilometri di titoli e di cronache. Spesso, anche nere, giudiziarie. Paolo Cirino Pomicino, per dire. Ha attraversato la Prima Repubblica con il rango di uno tra i più potenti notabili della Balena Bianca, come Giampaolo Pansa chiamava la vecchia diccì. Poi è finito in molti corridoi di tribunale. E lì è sparito, ha aspettato, e da lì è tornato. Sempre nella Democrazia cristiana: però quella, junior, di Gianfranco Rotondi. Così ora bisogna star lì, a prendere appunti, a sentire Pomicino che dice: «Noi veniamo da una generazione criminalizzata...».
Ecco, un’altra cosa: questi centristi adorano le frasi a effetto. Totò Cuffaro (Udc), presidente della Regione Siciliana, ovunque si trovi - all’aeroporto di Punta Raisi, o a un tavolino del ristorante Gigi Mangia di Palermo - ripete sempre: «Sono un perseguitato». È accusato di concorso in associazione mafiosa, eppure tre giorni dopo l’arresto di Bernardo Provenzano era nel salotto di Vespa, Porta a porta , con i capi della polizia e il procuratore Grasso che lo osservavano interdetti: e lui, non potendo dare baci, li mandava: «So che comunque mi volete bene...».
Gli avevano appena ricordato di essere coinvolto anche da un altro pentito, Francesco Campanella, il mafioso di Villabate che a Provenzano trovò i documenti falsi per andarsi a operare a Marsiglia. Questo Campanella racconta di aver avuto Cuffaro, come ospite d’onore, al suo matrimonio: dov’era invitato, tra gli altri, anche Salvatore Cardinale, coordinatore regionale della Margherita, che non potendo andare, inviò però un telegramma.
Uomini di centro. Nuova Democrazia cristiana, Udc, Margherita. E anche Udeur. Con le sue storie di arresti - Nuccio Cusumano, attuale capogruppo al Senato, fu accusato di corruzione nella costruzione dell’ospedale Garibaldi di Catania e arrestato nell’aprile del 1999: «Ma io ho fiducia nei magistrati, spero di essere assolto...» - e con le sue storie di transumanza più classica. Come quella di Rocco Salini: democristiano e presidente della Regione Abruzzo quando fu arrestato nel settembre del 1992, e poi senatore di Forza Italia e poi ancora rapito, politicamente, dal fascino di Clemente Mastella. Che, per questo genere di corteggiamenti (riusciti), si beccò una sfuriata proprio da Antonio Di Pietro. «Clemente arruola i mercenari del voto!». Come Marco Verzaschi, ex gran capo di Forza Italia nel Lazio, assessore alla Sanità nella giunta Storace, un portafoglio di preferenze che lo portò diritto all’Udeur (non eletto, è stato recuperato con l’incarico di sottosegretario alla Difesa).
Perché poi, al centro, forse più che altrove, sono abili in questo: nella gestione dei voti. Prendete Raffaele Lombardo (ex diccì), fondatore del Movimento per l’Autonomia. Lo dice esplicitamente: «Chi vuole vincere, deve parlare con me». Perché lui è uno che i voti li sposta. «Ma a noi, ecco, è proprio questo tipo di centro che non piace più», dice Bruno Tabacci, Udc, che insieme a Marco Follini sta fondando i "Circoli di mezzo". «Questo centro melmoso, poco credibile, ci sembra superato e noi ne immaginiamo, perciò, un altro».
Un altro ancora? «A me, veramente, sembra che quello che c’è, possa bastare...»: Giampiero Catone ha fondato la nuova Democrazia cristiana insieme a Gianfranco Rotondi e però anche lui ha conosciuto l’umidità della cella. Sia pure per una sola notte. «È vero. Fui arrestato il 9 maggio del 2001. Con l’accusa di falso in bilancio, truffa e bancarotta». Solo? «Ero il commercialista di alcune aziende... Ma sono estraneo. Del tutto estraneo ai fatti. Si dice così, no?».
Fabrizio Roncone




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Di Pietro e l’uomo del blitz: sbaglia ma non lo caccio
«De Gregorio patriota? No, l’ha fatto per convenienza. Forse è vero, scelgo male i compagni di viaggio»
ROMA - Piovono pietre e Antonio Di Pietro si rifugia sul web: «Oggi sono in imbarazzo a scrivere questa lettera...», è l’ incipit dell’appuntamento con gli elettori, sul suo sito. Il ministro si cosparge il capo di cenere: «Il senatore De Gregorio si è fatto eleggere presidente della commissione Difesa del Senato con i voti della Casa delle Libertà. Lo ha fatto, lui dice, per motivi patriottici. Io non lo credo. Lo ha fatto perché gli è convenuto». Si pente e si duole: «Qualcuno ha scritto che dovrei scegliermi meglio i compagni di viaggio. Può essere che abbia ragione». S’inorgoglisce: «Voglio sottolineare che l’Italia dei Valori è l’unico, unico partito che al suo interno non accetta deputati e senatori con condanne definitive e che si batte perché questa sia la prassi nei due rami del Parlamento». Il pasticciaccio brutto di Palazzo Madama è stato un errore, dice Di Pietro, ma ormai i giochi sono fatti. E l’ex pm che minacciava di cacciare «il traditore», adesso è tenue: «De Gregorio ha ammesso di aver sbagliato, ma la maggioranza dell’Unione al Senato è di due voti. Si vuole paralizzare il Paese, ritornare alle urne, per una presidenza di commissione espellendo De Gregorio dal partito e quindi dalla coalizione?».
Ebbene, confessa Di Pietro, «io non me la sento, per rispetto delle emergenze che questo Paese deve gestire in questo momento». I rischi d’un ribaltone? De Gregorio garantisce a Ricardo Franco Levi, sottosegretario di Prodi, che resterà fedele all’Unione.
Il ministro è contento così: «De Gregorio mi ha dato ampie rassicurazioni, che spero vorrà mantenere, di una condotta futura leale». Anche perché non è il momento di salti della quaglia e il semplice sospetto del doppio gioco suscita reazioni: «Mi è stata attribuita un’infamia - dice Antonio Gentile, senatore di Forza Italia indicato fra i possibili franchi tiratori in commissione Finanze dai boatos di palazzo Madama -. Ho votato a scheda aperta per Pontone dinanzi ai senatori Cantoni, Ventucci, Girfatti e Franco. Sono un uomo d’onore, abituato a manifestare apertamente i dissensi, e mai sono venuto meno al patto con gli elettori e alla fiducia che Berlusconi mi ha concesso».

F. Ba.


INES TABUSSO